giovedì 18 luglio 2013

L'esploratore Vittorio Bottego e... Borgotaro





Tra gli illustri personaggi storici di origini valtaresi, uno dei più conosciuti è senza dubbio Vittorio Bottego. Suo padre Agostino, infatti, era un medico condotto originario della zona di Albareto. Quando Vittorio nasce però, l'11 agosto 1860, il padre si era già trasferito altrove, a San Lazzaro Parmense. Dopo aver iniziato gli studi a Parma, Vittorio si iscrisse all'Accademia militare di Modena, prima di frequentare la scuola di applicazione di artiglieria e genio a Torino e la scuola di applicazione di Pinerolo. Ne uscì ufficiale di Cavalleria. Nel 1887, non ancora trentenne, chiese ed ottenne di far parte del corpo di spedizione in Eritrea. In Africa iniziò le sue ricerche di carattere etnografico e geografico.

L'interessante materiale che raccoglieva lo inviava al Museo di Storia Naturale di Parma. Nel 1890 progettò un programma di esplorazione di alcune zone della Somalia, allora ancora sconosciute. La caduta del governo dell'epoca, però, gli impedì di proseguire.

Nel 1891 fu la volta dell'Eritrea meridionale. Mentre attraversava il tratto Massaua-Assab, primo tra gli europei, ancora una volta gli fu ordinato di ritornare.

Nel 1892 Bottego organizzò una spedizione più impegnativa che prevedeva l'esplorazione del fiume Giuba, che nasce in Etiopia e attraversa la Somalia. Il viaggio avvenne sotto gli auspici della Società Geografica Italiana, con l'autorizzazione e il concorso del Governo e quello personale del Re. L'avventurosa risalita verso le sorgenti del Giuba, nonostante gli assalti delle popolazioni locali e l'impervia natura del suolo, si concluse vittoriosamente, nel marzo 1893. Si penetrò anche nella misteriosa città di Lugh, fino allora considerata inaccessibile. Un interessante resoconto di questa esperienza fu affidato da Bottego al libro “Il Giuba Esplorato”, che forniva interessanti elementi geografico-scientifici agli studiosi.

Rientrato in Italia, fu accolto da festeggiamenti ed onori, ma egli aveva già in mente un'altra impresa, se possibile ancora più ardua e difficile. Già nel 1894 stilò un preciso programma di esplorazione per chiarire alcuni aspetti ancora sconosciuti della regione che si estendeva tra l'Alto Giuba e il lago Rodolfo e, in particolare, quelli relativi al corso del fiume Omo. Questa volta si sarebbe potuto avvalere del supporto di valenti specialisti, geografi, naturalisti, fotografi.

Nel luglio 1895 era già a Massaua, per preparare la spedizione che sarebbe partita nel mese di ottobre. Raggiunto il lago Pagadè, che ribattezzò Margherita, proseguì fino a raggiungere il fiume Omo, di cui poi seguì il corso sino alla foce, accertandosi del fatto che si immettesse nel lago Rodolfo. In seguito percorse anche le rive del lago, per accertarsi che non avesse alcun emissario. A dicembre 1896 prese la via del ritorno, ignorando però l'avvenuta crisi dei rapporti tra italiani ed etiopi, e nulla sapendo della sanguinosa battaglia di Adua, che aveva visto la disfatta delle truppe italiane. Così, la spedizione cadde in un'imboscata tesa dagli abissini a Daga Roba. Bottego non volle cedere le armi e tentò di aprirsi la strada con la forza, ma venne annientato dalle soverchianti forze nemiche. Morì nello scontro. Era il 17 marzo 1897. Non aveva ancora compiuto 37 anni.

Le vicende biografiche di questo personaggio, che abbiamo ricordato brevemente, sono piuttosto note. Forse non tutti sanno, però, che c'è un episodio che lega Vittorio Bottego a Borgotaro. Non si tratta, in questo caso, di spedizioni o di ricerche geografiche, ma di vicende di carattere... politico. Alcuni storici del passato hanno infatti sostenuto che, nel 1895, Bottego volle candidarsi nel Collegio di Borgotaro alle elezioni politiche, cercando di sfruttare la popolarità di cui godeva per essere eletto, ma che aveva fatto un buco nell'acqua. In verità, fu lui a rifiutare l'offerta. Lo spiega in una lettera inviata alla “Gazzetta di Parma” in data 17 aprile 1895: “Egregio Signor Direttore, da Borgotaro mi fu, senza alcuna mia intromissione, offerta la candidatura di quel Collegio con un indirizzo portante le firme di 41 influenti elettori, fra cui parecchie autorità. Potrò sempre provare che il signor Piatti non avrebbe accettata quella candidatura, se io non avessi rinunciato, perchè, appunto lui, per primo, aveva messo avanti il mio nome”.














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