mercoledì 20 novembre 2013

"Borgotaro e gli Sforza" di Stella Leprai: un paese diviso in due




Oggi vi voglio parlare del libro “Il governo del disordine ai confini di uno stato. Borgotaro e gli Sforza (1467/1488)” di Stella Leprai, ricercatrice presso l'Università di Milano.
E' un piacere ogni volta che una ricerca, un saggio, un libro, ci permette di approfondire qualche aspetto della storia del nostro paese. Questo ancora di più in questo caso, perchè il '400 è senza dubbio, per noi, uno dei periodi più interessanti, più ricchi di spunti. Un periodo in cui il nostro paese rivestiva una grande importanza strategica poiché, collocato proprio nel cuore dell'appennino, collegava la pianura padana con Genova, Pontremoli e Lucca; un punto nevralgico anche per accedere al ducato di Milano.
E così, in quegli anni, Borgotaro si trovò spesso al centro di dinamiche sovra-locali, passando in pochi anni dalla dominazione Viscontea a quella dei Landi, dei Fieschi e quindi degli Sforza, per poi tornare di nuovo, a fine secolo, nelle mani dei Fieschi.
Dalla lettura del libro si evince che, al momento della conquista sforzesca (1467), Borgotaro era una cittadina di circa 3000 abitanti: con mura, piazze, la rocca, un patriziato locale, ed era sede di antiche istituzioni ecclesiastiche. La vita economica era piuttosto attiva, c'erano numerose botteghe sulla via principale, dove si teneva anche il mercato, si intrattenevano relazioni economiche e commerciali con realtà esterne al Ducato di Milano. Le famiglie più importanti della città, i principales, tanto per fare alcuni nomi, erano i Cabruna, Ruinaglia, Borgarelli, Borgognoni, Stradella, Rugallo, Costerbosa, Platoni (Notate questi cognomi: alcuni oggi sono scomparsi; altri esistono ancora, leggermente modificati; altri richiamano il nome di alcune località del circondario). 
Foto Valerio Agitati: presentazione del libro a Borgotaro
Tra di esse, però, due emergevano nettamente: I Platoni (definiti “gatteschi” per il loro legame coi Fieschi) e i Costerbosa (o “ducheschi”, per il loro legame con gli Sforza) Queste famiglie erano in lotta per il potere, per acquisire la maggioranza nel consilium, per accedere ad importanti benefici ecclesiastici o cariche. Conoscevamo già tanti di questi aspetti, che erano stati oggetto anche di alcune pubblicazioni dell'Associazione “A. Emmanueli”, ma sono molti gli argomenti nuovi e interessanti che emergono dalla lettura di questo importante studio. Una delle cose che più colpisce è che, in quegli anni, l'inasprirsi della rivalità tra Platoni e Costerbosa aveva comportato la divisione di Borgotaro in due “bande”, cioè in due parti. Oggi le zone non risultano definibili con precisione, ma alcuni elementi sembrano chiari: La zona occidentale era abitata in prevalenza dai Costerbosa, che avevano una propria chiesa (San Domenico) e una propria porta di accesso al Borgo, quella principale, che dava sul fiume Taro. E ripensandoci oggi sembra anche logico, considerato che fu proprio un Costerbosa, Nicolasio, a finanziare la fondazione del convento di San Domenico nel 1448. La zona orientale, invece, era abitata dai Platoni, con una propria chiesa (Sant'Antonino) e una propria porta: quella che conduceva a Parma, che sarà da collocare probabilmente nelle vicinanze di quella che oggi chiamiamo Porta Farnese. In una lettera ducale si giunse addirittura a proporre la costruzione di una “murata”, su modello del muro Cazzaguerra di Pontremoli, per dividere queste due parti. Muro che però non fu mai costruito.
Interessante è anche il racconto di uno dei fatti più famosi di quel periodo, che già conoscevamo, ma che in questo libro viene arricchito di particolari e di precisi riferimenti documentali. Si tratta del fatto di sangue che avvenne a Borgotaro il 26 ottobre 1473, quando, durante una riunione del Consiglio della Comunità, Pietro Antonio Costerbosa, alla testa di un gruppo di uomini armati, fece irruzione nella sala del palazzo podestarile dove era riunita l'assemblea e uccise cinque dei più importanti esponenti della fazione dei Platoni: Andrea Rugallo, Ludovico e Marco Platoni, Benedetto Moreno e Domenico Batticorno. Questo episodio è sempre stato considerato come l'inizio di una parentesi violenta nella storia borgotarese, durata dal 1473 al 1475, e conclusasi con la pace stipulata tra Platoni e Costerbosa in Sant'Antonino nel 1475. In realtà, come si evince dai documenti citati nel volume della Dott. Leprai, la guerra civile di quei due anni fu solo l'esito di un'escalation di violenza che ebbe inizio alla fine degli anni '60 e continuò ben oltre la metà degli anni '70 del '400. Sono frequenti infatti le lettere del carteggio sforzesco, citate nel libro, dove si parla di “excessi” e “scandoli” commessi da Platoni nei confronti di Costerbosa e viceversa. Liti per terreni, piccole eredità, scambi di vedute, spesso sfociavano in risse, ferimenti o uccisioni. E dietro si intravedeva l'odio politico delle diverse fazioni. Comunque sia, quei due anni, per Borgotaro, furono terribili: giova forse citare le parole famose usate dallo storico piacentino Scarabelli per descrivere la guerra civile: “Fu guerra dichiarata, il paese diviso, tutti inferociti, si assalivano e si squarciavano, divisi i parenti, non v'erano crudeltà che tra loro non commettessero, fur visti alcuni bere il sangue del nemico ucciso, altri mangiare crude e cotte le viscere. Tigri non uomini”.
Il libro della Dott. Leprai chiarisce anche un'altra questione. Secondo alcuni storici del passato, come il già citato Scarabelli e il Crescenzi, l'uccisione dei cinque Platoni da parte di Pietro Antonio Costerbosa sarebbe stata una reazione dei Costerbosa alla decisione del Duca di Milano di cedere Borgotaro ai Platoni. La notizia risulterebbe essere falsa, in quanto basata su una lettera del Duca Galeazzo Maria Sforza a Francesco Hena dei Platoni, che però, secondo quanto affermato dall'autrice, sarebbe palesemente contraffatta.
In conclusione, questo volume fornisce molti spunti di riflessione e speriamo possa invogliare a studiare ancora meglio questo importante periodo della storia di Borgotaro.
                                                                                                                               
Massimo Beccarelli