lunedì 24 marzo 2014

"Il miraggio svedese" di Angelo Tajani: storie di emigrazione...

Beccarelli e Tajani (Foto Alessandra Bassoni - valgotrabaganza.it)
Lo scorso venerdì 21 marzo abbiamo ospitato, in Biblioteca “Manara” a Borgotaro, Angelo Tajani, scrittore e giornalista. Nato ad Amalfi, dopo aver incontrato una svedese, destinata a diventare sua moglie, emigrerà in Svezia. Tajani ha lavorato per oltre un trentennio nel settore alberghiero in Italia, Germania e Svezia, dove ha diretto i più prestigiosi alberghi di Stoccolma. Dagli anni '80 si è dedicato solo al giornalismo, collaborando con Il Giorno di Milano, Il Mattino di Napoli, il settimanale Oggi. Suoi articoli sono apparsi anche sulla Gazzetta di Parma, l'Arena di Verona e diversi settimanali svedesi. Dal '69 è iscritto all'Ordine dei giornalisti. Nel 1983 ha vinto il prestigioso Tarì d'oro della città di Amalfi e nel 1988 un riconoscimento dalla città di Tarsogno (PR).
Il miraggio svedese” è, a mio avviso, un libro molto importante.
Un libro che ci riconsegna la memoria di un'emigrazione per tanti versi anomala, diversa. Non solo perchè la Svezia non era meta comune degli emigranti italiani, ma anche perchè, come ben illustrato dall'autore, si è trattato di un'emigrazione per certi aspetti pilotata, organizzata. E' l'emigrazione di una precisa categoria, di persone con determinate abilità professionali. Non è l'emigrazione disperata di chi fugge da una vita di miserie e privazioni. Chi parte è mosso anche dal desiderio di migliorare i proprio guadagni, certo, ma è gente che il lavoro in Italia lo aveva, che si poteva vestire bene, con abiti di ottima fattura e magari si poteva permettere anche un Borsalino, un lusso per l'epoca. Quel che emerge chiaramente dal libro è che queste persone si sono trovate, loro malgrado, al centro di interessi più grandi di loro, tra i traffici e gli affari di un Agnelli o di un Wallenberg, che si scambiavano operai specializzati, come fossero pedine. Pedine che però erano uomini.
Uomini invogliati a partire da articoli scritti ad hoc sui giornali (si veda l'articolo apparso sul “Popolo” l'11 giugno 1946), illusi di trasferirsi nel paese del bengodi, nel paese senza poveri, ricchissimo di risorse, dove tutti hanno una casa confortevole e ricchi salari. Tutto questo si rivelerà presto un miraggio, un miraggio svedese, come giustamente titola il libro: Questi uomini si sentono ben presto ingannati, con un salario ridotto da altissime tasse e senza le tutele di cui avrebbero goduto in Italia. Un paese che, all'arrivo, li sottopone a procedure umilianti di disinfezione, e poi li accoglie in modo freddo, diffidente. Ma un paese in cui, pian piano, gli italiani si fanno benvolere, tanto che molti si sposano e si integrano, pur mantenendo le proprie tradizioni e la propria lingua.
Soprattutto è una storia raccolta dalle loro labbra, dalla viva voce dei protagonisti, dalle tante interviste raccolte dall'autore, che ci restituiscono le loro storie, i loro ricordi, in un racconto avvincente, che non può lasciare indifferenti, e che ci riporta alla memoria i racconti dei tanti parenti e amici del nostro Borgo che hanno percorso le strade dell'emigrazione e ci hanno spesso ricordato “com'è amaro il pane dell'esule”...

                                                                    Massimo Beccarelli




sabato 22 marzo 2014

I Beatles lanciati da un borgotarese

















Nel 1892, all’età di 14 anni, Giuseppe Bonici emigrava in Scozia per andare a fare il gelatiere a Inverness. Si sposò poi con Angela Leonardi, dalla quale ebbe tre figli: Alberto (1920) , Adolfo (1929) e Rosanna (1933).
Gli affari per la famiglia andavano più che bene, tanto che il primo figlio venne educato nel St. Joseph’s College, quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Giuseppe rientrò in Italia con i due figli minori, mentre Alberto e la madre restavano in Scozia. Forse per motivi di sicurezza (all’epoca gli italiani non erano molto ben visti), i due si spostarono da Inverness a Elgin piccolo paesetto del nord-est scozzese, dove un cugino aveva un locale: il Park Cafè.
Mentre il padre apriva un bar-gelateria a Borgotaro, in via Montegrappa (quello stesso che in seguito gestiranno la Dina e la Tina Azzali), Alberto, dopo aver fatto un corso da ingegnere, tentava qualche affare, poi avendo conosciuto un bravo musicista che si trovava a Elgin per convalescenza, iniziò ad organizzare concerti, fino a diventare nei primi anni sessanta il più importante “pop music promoter” della Scozia. In quel periodo apre una sala da ballo, il Two Red Shoes, e ospita personaggi famosi.
Nel 1962 Bonici e Jack Fallon, un suo collaboratore, presero accordi con un gruppo musicale allora semi-sconosciuto, ma promettente, per organizzare una serie di concerti in territorio scozzese a gennaio ’63. Quel gruppo si chiamava Beatles. Pare che Brian Epstein, che rappresentava i Beatles, firmò subito il contratto che gli fu proposto, senza neppure leggerlo. Fu un grave errore! Bonici aveva infatti inserito nel contratto una piccola clausola, che fece la sua fortuna. La clausola prevedeva che, se la band fosse tornata in futuro a suonare in Scozia, avrebbe dovuto farlo alle sue condizioni. Comunque, il contratto fu firmato e i Beatles tennero il loro primo concerto scozzese proprio a Elgin, nel locale di proprietà di Alberto Bonici, il Two Red Shoes. A proposito di quella serata, Ringo Starr dirà in seguito: “Quello di Elgin è stato il concerto più strano in cui ci sia mai capitato di suonare. Eravamo in una stanza a forma di L”.


Poco tempo dopo, il gruppo era già in vetta alle classifiche inglesi con la canzone “Please Please me”. La primavera successiva, il loro promotore londinese, Arthur Howes, volle organizzare un loro concerto a Glasgow, in Scozia. Amareggiato, scoprì che non era possibile. La clausola su quel vecchio contratto parlava chiaro. Fu costretto, suo malgrado, a chiudere un nuovo accordo con Bonici, accettando le condizioni che il borgotarese gli impose. Bonici continuò ancora a lungo col mestiere di promotore musicale, promuovendo altri due tour scozzesi dei Beatles, e lavorando con altri famosi gruppi, tra cui i Rolling Stones.
Nel 1975 decise di abbandonare l’attività nel campo musicale. Chiuse il Two Red Shoes e aprì un hotel alla periferia di Elgin. A chi gli diceva che avrebbe potuto guadagnare di più se si fosse trasferito in una città più grande, come Glasgow, rispondeva senza rammarico: “Elgin è un bel paese”. Alberto Bonici è morto nel 1990.


Massimo Beccarelli

domenica 2 marzo 2014

#Bibliotecaideale nelle Tendenze di twitter

Abbiamo già parlato, sulle pagine di questo blog, degli hashtag culturali e delle loro grandi potenzialità nella diffusione e soprattutto nella condivisione della cultura su twitter. E' sensazione comune, non solo al sottoscritto, che questo social network stia diventando via via più sensibile a queste tematiche, e non si occupi più solo di politica, musica o gossip.
Sono passati solo due mesi, infatti, dal ritorno in vetta alle tendenze del mio #classicidaleggere, che aveva raggiunto il primo posto anche nel mese di agosto 2013, e siamo ancora qui a discutere di questo tema, perchè negli ultimi giorni abbiamo avuto un altro hashtag letterario nei primi cinque posti delle Tendenze in Italia.
Questa volta si tratta di #Bibliotecaideale. L'idea di quest'ultimo la devo a un suggerimento di un caro amico, che ha compiuto parte dei suoi studi con me. Si tratta di Camillo Bacchini, figlio d'arte (suo padre era il poeta Pierluigi Bacchini, uno dei maggiori poeti italiani dello scorso '900, recentemente scomparso), docente di lettere e collaboratore della pagina culturale della "Gazzetta di Parma".
Chiacchierando con lui, era nata questa idea che io poi ho in parte modificato, ma senza stravolgerla. #Bibliotecaideale ha riscosso subito un grande interesse, raggiungendo anche il numero 2 nelle Tendenze in Italia la sera del 28 febbraio.
Il giorno successivo è rimasto nelle Tendenze, nonostante fosse il compleanno di Justin Bieber e questo anniversario avesse monopolizzato l'interesse generale.
E' stato bellissimo vedere la passione e l'entusiasmo dei tanti appassionati della lettura, che si scambiavano consigli, opinioni, suggerimenti. Twitter si è trasformato in una grande piazza virtuale in cui discutere, una volta tanto, in modo pacato e rispettoso, di libri, cultura e letteratura.
Ne hanno parlato giornali locali, come Parmaonline, e nazionali, come Vanity Fair, in quest'ultimo caso a seguito dell'interessamento di Matteo Gamba, vicecaporedattore del giornale, che ringrazio.


I link agli articoli:

L'articolo di Parmaonline

L'articolo di Vanity Fair