giovedì 14 aprile 2016

La Rancura: l'eterna sfida tra padri e figli, tra rifiuto ed emulazione



Un titolo particolare, un parola sola, incisiva, che si staglia sulla pagina: Rancura. Un termine colto, raro, usato da Eugenio Montale per descrivere un sentimento che molti figli provano, o hanno provato, nei confronti del padre, per misurarsi con lui, per capirlo, per raccoglierne l'eredità. Un romanzo interessante, “La rancura” di Romano Luperini (Mondadori, 2016) che, seguendo questa suggestione, ci porta ad attraversare quasi tutta la storia del '900, attraverso le vite di tre protagonisti, nonno, figlio e nipote, per intendersi, e che nella sostanza rappresenta soprattutto la storia dei rapporti tra padre e figlio, via via rivisti e interpretati in modo diverso.
A seconda di chi troviamo in scena, infatti, lo stesso personaggio assume varie sfaccettature, è uno, nessuno e centomila, per ricorrere a un facile paragone pirandelliano. Ogni personaggio è, nelle pagine del romanzo, quello che gli altri ritengono che lui sia.


Si pensi a Luigi Lupi, il primo protagonista, maestro elementare e figlio di contadini, che dopo l'8 settembre combatte in Istria alla guida di una formazione partigiana, vivendo giorni di gloria in una zona di confine purtroppo segnata da crimini di guerra e dall'incubo delle foibe. Croce al valor militare e citato in diversi libri sulla guerra partigiana, agli occhi del figlio risulterà invece una figura ingombrante, con cui fare i conti, conti che non si risolveranno mai del tutto, in verità.
Anche le vicende della Resistenza, agli occhi del figlio Valerio, assumeranno un'ambivalenza di fondo, tra curiosità e rifiuto. Quei fatti “di cui avevo spesso sentito parlare, con curiosità da bambino, con indifferenza ostentata e ostile più tardi”.
Valerio è il secondo protagonista. Un'adolescenza difficile, sotto il controllo di un padre così, ingombrante e ossessivo, difficile da capire.
Romano Luperini
Luperini ci consegna passi di alta leggibilità e alto livello e, seguendo la crescita di Valerio, sembra di risentire certi stilemi di Elsa Morante e della sua “Isola di Arturo”. La letteratura permea le pagine ed emerge, a intervalli regolari, delineando l'educazione di questo ragazzo che, pian piano, diventa uomo. Da Lady Chatterley al Montale della “Bufera ed altro” al Gattopardo, fino allo sbocco naturale dell'impegno politico, in un momento storico in cui le ideologie erano molto forti ed era difficile non farsene affascinare, e che lo porteranno a partecipare al Sessantotto e, poi, al tentativo di creare in Italia un partito rivoluzionario negli anni di piombo. 
Quegli anni segneranno anche la rottura definitiva con il padre, che vedeva nelle loro idee quanto c'era di illusorio e avventato.
E intanto la vita prosegue, tra un matrimonio con poco amore, l'amante, e la nascita del figlio Marcello. C'è ancora il tempo di riavvicinarsi al padre, quando ormai è troppo tardi, dopo una vita intera passata a tratti a rifiutarlo e a tratti ad emularlo.
Il terzo protagonista è Marcello, figlio di Valerio. Siamo ormai ai nostri giorni (2005) e, ancora una volta, si tratta di fare i conti con la figura del padre. Questa volta i conti si fanno soprattutto a distanza, attraverso la lettura dei quaderni che lui ha lasciato nella casa di campagna. Ancora una volta emerge un uomo diverso dai ricordi del figlio, e la figura del padre risulta smitizzata: “che lui fosse così non se lo aspettava. Anche questa volta era riuscito a spiazzarlo”.

Eugenio Montale: a lui si deve il termine "Rancura"
Il volume di Luperini ha una costante, che è quella di mostrare un rapporto padre-figlio sempre, o quasi, mediato dalla lettura di memorie, diari, quaderni di annotazioni, quasi che il padre lo si possa capire davvero solo così, attraverso la mediazione della narrazione, più che nei pochi e scarsi dialoghi. D'altronde, forse tutto è davvero sintetizzato dalla parole di Marcello che vi consegniamo come conclusione: “Sempre la stessa sfida, fra me e lui e anche fra lui e il suo, di padre, e così via. Come se ci fossero dei cicli naturali obbligati che si ripetono eguali attraverso i secoli, di generazione in generazione, dall'Edipo dei Greci alla “rancura” di Montale”.

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