“L'uomo del futuro” di Eraldo Affinati (Mondadori) è un libro che merita
di essere letto, perchè affronta la figura di don Lorenzo Milani
che, a quasi 50 anni dalla morte, non ha ancora esaurito la sua
carica innovativa e merita ulteriori approfondimenti.
Un
sacerdote che, scrive Affinati, “non ci ha lasciato trattati
teologici, ma una sapienza del fare scuola, qui e ora, cogliendo
nella passione pedagogica del maestro l'essenza più autentica del
Cristianesimo, inteso quale racconto di sguardi che, incrociandosi,
si prendono cura l'uno dell'altro”. Un libro che è una biografia
del priore di Barbiana, ma è al tempo stesso molto di più. Certo,
possiamo seguire da vicino la sua vicenda umana, a partire dalla
nascita, nella Firenze degli anni '20, che lo vede rampollo di una
famiglia agiata, dal patrimonio immobiliare considerevole e dalla
raffinata cultura. Possiamo poi accompagnarlo idealmente a Milano,
luogo della fallita vocazione pittorica, o a Montespertoli e
Castiglioncello, fino all'approdo di San Donato di Calenzano, che lo
vede in azione nella prima scuola popolare da lui fondata. Ma
soprattutto lo ritroviamo a Barbiana, “penitenziario ecclesiastico”, borgo
remoto dell'Appennino toscano che sarà il luogo della sua
rivoluzione pedagogica. Come non ricordare la lettera a quella
professoressa che respingeva i suoi alunni, ma prima di tutto li
intimidiva, e le figure emblematiche di Pierino e Gianni, veri
simboli dell'alunno privilegiato e di quello eternamente respinto.
L'approccio
di Affinati, tuttavia, e la sua originalità, sta nel fatto che non
c'è solo la storia di don Milani, ma anche la ricerca, per così dire,
della sua eredità, di quel che resta oggi della sua esperienza di
vita.
“Oggi i ragazzi di Barbiana vengono dall'Afghanistan, dalla
Nigeria, dal mondo slavo. Hanno alle spalle detriti, macerie e
relitti, eppure quando ridono sembrano aver dimenticato tutto.
L'esempio di Barbiana torna a imporsi in chiave multiculturale per
favorire una vera integrazione, che dovrebbe combattere anche le
fragilità degli adolescenti italiani spesso inebriati dai miti del
successo, della bellezza e della sanità”.
Eraldo
Affinati attinge così costantemente alla propria esperienza
personale, ai propri diari di viaggio intorno al mondo, con un
originale uso della seconda persona. Un libro colto, un
impasto sapiente che miscela riferimenti letterari e cinematografici
in un insieme ricco e affascinante, un andamento narrativo che si
nutre di questi richiami, classici e moderni, che traggono lo spunto
e la loro ragione di essere dalla vastissima cultura dell'autore, ma
che non sono mai fuori luogo, in quanto si collegano per ideale
associazione di idee al testo narrato.
Un
libro utile anche, e forse soprattutto, per riprendere piena
coscienza della portata della rivoluzione di don Milani e delle sue
affermazioni che all'epoca furono come “fulmini e dinamite” e che
oggi vengono spesso citate ma, forse, non sufficientemente comprese.
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