lunedì 20 agosto 2018

La Verità sul Codice Da Vinci

Bart D. Ehrman, illustre storico americano, ci aiuta a svelare i segreti del libro                                                               


Forse sarà capitato anche a voi, e allora mi capirete al volo, ma spesso per me i giorni di fine estate sono quelli in cui, dopo le dovute vacanze, pian piano mi preparo a rimettermi all'opera e lo faccio spesso mettendo ordine nei cassetti della scrivania e... del computer.
E così, facendo pulizia tra le mail e le cartelle, capita che saltino fuori pezzi scritti tempo fa che, per qualche ragione, non ho mai pubblicato sul blog e sono stati letti solo dai lettori di qualche giornale locale. Talvolta si tratta di argomenti di carattere strettamente contingente che, a distanza di tempo, risulterebbero indigesti, altre volte invece si tratta di recensioni o commenti a libri che, per diverse ragioni, possono risultare ancora interessanti. E' il caso di questa recensione al libro di Bart D. Ehrman "La verità sul Codice da Vinci", che vi propongo oggi. Inutile dire che il libro di Dan Brown ha suscitato e suscita sempre tanti interrogativi, anche perchè la figura di Leonardo da Vinci è una fonte inesauribile di sorprese. Vi avverto fin da subito che la posizione dello studioso è quella di smontare pezzo per pezzo quanto emerge dal romanzo per cui, se la cosa non vi aggrada, sospendete da subito la lettura. Se siete curiosi e amate la ricerca storica, proseguite! A presto amici!



Il libro ha venduto milioni di copie in tutto il mondo; il film ne ha successivamente riproposto i contenuti, accrescendone il successo. Si tratta del Codice da Vinci di Dan Brown. Un romanzo senza dubbio ben congegnato, che va a solleticare la fantasia del lettore: un assassinio, un omicida in libertà, un presunto mistero tenuto celato dalla chiesa, una serie di “verità” sconvolgenti che emergono dalle nebbie della storia.

Come avrete capito, non è mia intenzione discutere il valore letterario del libro. In quanto opera di narrativa, di genere thriller, ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo. I problemi sorgono quando si va ad analizzarne i contenuti. Il lettore, ed in particolare il lettore cattolico, non può non porsi una serie di interrogativi. È vero, per esempio, che l’imperatore Costantino fece distruggere molti vangeli che contenevano verità scomode per la chiesa cristiana dell’epoca? Cosa rivelano i famosi manoscritti del Mar Morto e i rotoli di Nag Hammadi? Cosa c’è di vero in quello che l’autore dice a proposito di Gesù e Maria Maddalena? 

Per fare un po’ di chiarezza sull’argomento, un illustre storico americano, Bart D. Ehrman, docente di Studi religiosi presso l’Università del North Carolina ed esperto di storia del Cristianesimo primitivo, ha pubblicato un interessante volumetto intitolato La Verità sul Codice Da Vinci. In questo articolo cercheremo di seguire da vicino le sue tesi, che ci sembrano molto interessanti.

“In che misura”, si chiede Ehrman, “la parte storica del romanzo è basata sui fatti e quanto sulla fantasia? Quanto c’è di vero nel Codice Da Vinci?” (Bart Ehrman, La Verità sul Codice Da Vinci, Milano, I Miti Mondadori, 2006, p.10).
Nelle pagine del suo saggio, lo studioso mostra come molte delle affermazioni contenute nel libro non siano storicamente verificabili e corrispondano, per usare le sue parole, a veri e propri “errori fattuali”. In vari punti del Codice, secondo la sua analisi, l’autore travisa la realtà storica dei fatti. Ecco qualche esempio.
Sir Leigh Teabing, un personaggio del romanzo, afferma che l’imperatore Costantino fece convocare un grande concilio ecumenico a Nicea, nel 325 d.c., nel corso del quale si discussero molte importanti questioni teologiche, tra cui la divinità di Gesù. Fino a quel momento, a suo dire, Gesù era considerato un semplice profeta, un uomo grande e potente, ma pur sempre un uomo. Secondo Teabing, in quella occasione i vescovi della cristianità votarono proprio per decidere se Gesù dovesse essere ritenuto divino o mortale. Secondo la sua tesi, la divinità di Gesù fu sancita solo dopo aspre discussioni, e con una maggioranza molto ristretta. Esistevano, tuttavia, molti vangeli, e molti resoconti sulla vita di Gesù, che mostravano un Gesù troppo “umano”. Costantino avrebbe approvato solo i quattro vangeli canonici (Matteo, Marco, Luca, Giovanni), facendo distruggere tutti gli altri scritti. Per puro caso, tuttavia, alcuni manoscritti sarebbero sopravvissuti alla distruzione, per poi riemergere nel corso del nostro secolo, rivelando una sconvolgente verità. Queste, in breve, le argomentazioni di Teabing.
Ehrman le smonta pezzo per pezzo. Il Concilio di Nicea fu effettivamente convocato dall’imperatore Costantino, ma non per decidere se Gesù fosse divino o meno: “tutti i partecipanti […] concordavano già sulla divinità di Gesù, il Figlio di Dio” (op. cit., p.27). Casomai, “oggetto di dibattito era invece come interpretare tale divinità alla luce del fatto che Gesù era anche umano” (op. cit., p.27). Non è stato Costantino, peraltro, a stabilire quali vangeli considerare canonici, ed a sancire il canone del Nuovo Testamento: “la formazione del canone neotestamentario fu un processo lungo, iniziato secoli prima di Costantino e non completato fino a ben dopo la sua morte. E l’imperatore non ebbe voce in capitolo” (op. cit., p.35). La prima definizione certa del canone può essere datata solo alla fine del IV secolo d.c., cinquant’anni dopo la morte dell’imperatore, e si trova in una lettera di Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria.
Quanto ai vangeli scartati, i cosiddetti vangeli apocrifi, che presenterebbero un Gesù più umano di quelli canonici, Ehrman osserva: “è tutto il contrario: sono i vangeli del Nuovo Testamento a dipingere un Gesù umano, mentre gli altri si spingono a rappresentazioni sovrumane” (op. cit., p.54).
Nel Codice Da Vinci, inoltre, si fa riferimento a due grandi scoperte archeologiche del ‘900, che a suo dire gettano nuova luce sull’uomo-Gesù: i Rotoli del Mar Morto e la cosiddetta biblioteca di Nag Hammadi. I Rotoli del Mar Morto, però, sono antichissimi documenti riguardanti l’ebraismo e “non contengono vangeli, né alcun documento che parli di Cristo o del cristianesimo” (op. cit., p.38). I documenti di Nag Hammadi sono cristiani e parlano di Gesù: “lungi però dal presentare un Gesù umano, questi documenti sono più interessati alle sue qualità divine”. (op. cit., p.54)
In un altro passo chiave del Codice, si afferma che Gesù era sposato con Maria Maddalena. Per sostenere questa tesi, nel libro viene citato un passo del Vangelo di Filippo, un vangelo apocrifo rinvenuto a Nag Hammadi, in cui si afferma che “La compagna del Salvatore è Maria Maddalena”. Si aggiunge, inoltre, che la parola “compagna”, in aramaico, significa letteralmente “moglie”. È proprio così? Sentiamo Ehrman: “Prima di tutto la parola non è aramaica […], è in realtà un prestito da un’altra lingua […] il greco. Come se non bastasse, poi, la parola originale greca (koinōnớs) in realtà non significa <<sposa>> […] bensì <<compagna>>, ed è comunemente usata per indicare rapporti di amicizia e fratellanza” (op. cit., p.136)
Questi sono solo alcuni esempi tratti dal volume di Ehrman, che ci invitano ad adottare un atteggiamento “critico” nei confronti di certe tesi, che vorrebbero sconvolgere le basi della nostra fede.
Ben più dura la posizione di Umberto Eco che, a proposito dell’autore del Codice Da Vinci, ha detto: “Dan Brown è un mestatore che diffonde false notizie, che si arricchisce con materiale di scarto” (La Repubblica, 20 maggio 2006).

2 commenti:

  1. Un articolo molto interessante, una fortuna che sia stato ritrovato e pubblicato. In merito a saggio, mi rallegro nell'apprendere la confutazione puntuale del testo di Dan Brown, un libro costruito sulle fake news, che ha contribuito non poco al suo successo. Complimenti Massimo.
    Un caro saluto, é sempre un piacere leggerti

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  2. Effettivamente non si tratta mai di un'operazione "semplice ed immediatamente intuitiva" quella relativa al DISCERNIMENTO DEL VERO DAL FALSO (che si possa trattare nello specifico di un'opera cinematografica e/o letteraria, proprio come nel caso in oggetto, od ancora a livello generale della diffusione di una qualsivoglia notizia attraverso le principali forme comunicative orali e verbali), e per cercare di farlo NEL MIGLIORE E COERENTE DEI MODI (ed il più calzante possibile alla realtà) risultano necessarie, a mio parere, CONOSCENZE E COMPETENZE APPROFONDITE relative, IN PRIMIS, all'AUTOREVOLEZZA DELLE FONTI e, conseguentemente, ai PRINCIPALI CONTESTI DI RIFERIMENTO (vuoi che essi siano di natura sociale, storica, artistica o politica, ecc.).

    NATURALMENTE senza mai trascendere dal concetto che risiede intrinsecamente alla cosiddetta "OPERAZIONE RICERCA DELLA VERITA'", e cioè l'agire mossi secondo il principio del non costruire una "verità artificiosa, faziosa o di comodo" per mero interesse personale volto alla ingiustificata ed immotivata demonizzazione di ciò che rappresenta e costituisce il "precedente"!

    Ringrazio l'autore dell'articolo per il contributo offerto ed auguro a tutti un buon proseguimento.

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