Bart D. Ehrman, illustre storico americano, ci aiuta a svelare i segreti del libro
Forse sarà capitato anche a voi, e allora mi capirete al volo, ma spesso per me i giorni di fine estate sono quelli in cui, dopo le dovute vacanze, pian piano mi preparo a rimettermi all'opera e lo faccio spesso mettendo ordine nei cassetti della scrivania e... del computer.
E così, facendo pulizia tra le mail e le cartelle, capita che saltino fuori pezzi scritti tempo fa che, per qualche ragione, non ho mai pubblicato sul blog e sono stati letti solo dai lettori di qualche giornale locale. Talvolta si tratta di argomenti di carattere strettamente contingente che, a distanza di tempo, risulterebbero indigesti, altre volte invece si tratta di recensioni o commenti a libri che, per diverse ragioni, possono risultare ancora interessanti. E' il caso di questa recensione al libro di Bart D. Ehrman "La verità sul Codice da Vinci", che vi propongo oggi. Inutile dire che il libro di Dan Brown ha suscitato e suscita sempre tanti interrogativi, anche perchè la figura di Leonardo da Vinci è una fonte inesauribile di sorprese. Vi avverto fin da subito che la posizione dello studioso è quella di smontare pezzo per pezzo quanto emerge dal romanzo per cui, se la cosa non vi aggrada, sospendete da subito la lettura. Se siete curiosi e amate la ricerca storica, proseguite! A presto amici!
Il libro ha venduto milioni di copie in tutto il mondo; il film ne ha successivamente riproposto i contenuti, accrescendone il successo. Si tratta del Codice da Vinci di Dan Brown. Un romanzo senza dubbio ben congegnato, che va a solleticare la fantasia del lettore: un assassinio, un omicida in libertà, un presunto mistero tenuto celato dalla chiesa, una serie di “verità” sconvolgenti che emergono dalle nebbie della storia.
Come avrete capito, non è mia intenzione discutere il valore letterario del libro. In quanto opera di narrativa, di genere thriller, ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo. I problemi sorgono quando si va ad analizzarne i contenuti. Il lettore, ed in particolare il lettore cattolico, non può non porsi una serie di interrogativi. È vero, per esempio, che l’imperatore Costantino fece distruggere molti vangeli che contenevano verità scomode per la chiesa cristiana dell’epoca? Cosa rivelano i famosi manoscritti del Mar Morto e i rotoli di Nag Hammadi? Cosa c’è di vero in quello che l’autore dice a proposito di Gesù e Maria Maddalena?
Per fare un po’ di chiarezza sull’argomento, un illustre storico americano, Bart D. Ehrman, docente di Studi religiosi presso l’Università del North Carolina ed esperto di storia del Cristianesimo primitivo, ha pubblicato un interessante volumetto intitolato La Verità sul Codice Da Vinci. In questo articolo cercheremo di seguire da vicino le sue tesi, che ci sembrano molto interessanti.
“In
che misura”, si chiede Ehrman, “la parte storica del romanzo è
basata sui fatti e quanto sulla fantasia? Quanto c’è di vero nel
Codice Da Vinci?”
(Bart Ehrman, La Verità
sul Codice Da Vinci,
Milano, I Miti Mondadori, 2006, p.10).
Nelle
pagine del suo saggio, lo studioso mostra come molte delle
affermazioni contenute nel libro non siano storicamente verificabili
e corrispondano, per usare le sue parole, a veri e propri “errori
fattuali”. In vari punti del Codice,
secondo la sua analisi, l’autore travisa la realtà storica dei
fatti. Ecco qualche esempio.
Sir
Leigh Teabing, un personaggio del romanzo, afferma che l’imperatore
Costantino fece convocare un grande concilio ecumenico a Nicea, nel
325 d.c., nel corso del quale si discussero molte importanti
questioni teologiche, tra cui la divinità di Gesù. Fino a quel
momento, a suo dire, Gesù era considerato un semplice profeta, un
uomo grande e potente, ma pur sempre un uomo. Secondo Teabing, in
quella occasione i vescovi della cristianità votarono proprio per
decidere se Gesù dovesse essere ritenuto divino o mortale. Secondo
la sua tesi, la divinità di Gesù fu sancita solo dopo aspre
discussioni, e con una maggioranza molto ristretta. Esistevano,
tuttavia, molti vangeli, e molti resoconti sulla vita di Gesù, che
mostravano un Gesù troppo “umano”. Costantino avrebbe approvato
solo i quattro vangeli canonici (Matteo, Marco, Luca, Giovanni),
facendo distruggere tutti gli altri scritti. Per puro caso, tuttavia,
alcuni manoscritti sarebbero sopravvissuti alla distruzione, per poi
riemergere nel corso del nostro secolo, rivelando una sconvolgente
verità. Queste, in breve, le argomentazioni di Teabing.
Ehrman
le smonta pezzo per pezzo. Il Concilio di Nicea fu effettivamente
convocato dall’imperatore Costantino, ma non per decidere se Gesù
fosse divino o meno: “tutti i partecipanti […] concordavano già
sulla divinità di Gesù, il Figlio di Dio” (op.
cit., p.27). Casomai,
“oggetto di dibattito era invece come interpretare
tale divinità alla
luce del fatto che Gesù era anche umano” (op.
cit., p.27). Non è
stato Costantino, peraltro, a stabilire quali vangeli considerare
canonici, ed a sancire il canone del Nuovo Testamento: “la
formazione del canone neotestamentario fu un processo lungo, iniziato
secoli prima di Costantino e non completato fino a ben dopo la sua
morte. E l’imperatore non ebbe voce in capitolo” (op.
cit., p.35). La prima
definizione certa del canone può essere datata solo alla fine del IV
secolo d.c., cinquant’anni dopo la morte dell’imperatore, e si
trova in una lettera di Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria.
Quanto
ai vangeli scartati, i cosiddetti vangeli apocrifi, che
presenterebbero un Gesù più umano di quelli canonici, Ehrman
osserva: “è tutto il contrario: sono i vangeli del Nuovo
Testamento a dipingere un Gesù umano, mentre gli altri si spingono a
rappresentazioni sovrumane” (op.
cit., p.54).
Nel
Codice Da Vinci,
inoltre, si fa riferimento a due grandi scoperte archeologiche del
‘900, che a suo dire gettano nuova luce sull’uomo-Gesù: i Rotoli
del Mar Morto e la cosiddetta biblioteca di Nag Hammadi. I Rotoli del
Mar Morto, però, sono antichissimi documenti riguardanti l’ebraismo
e “non contengono vangeli, né alcun documento che parli di Cristo
o del cristianesimo” (op.
cit., p.38). I
documenti di Nag Hammadi sono cristiani e parlano di Gesù: “lungi
però dal presentare un Gesù umano, questi documenti sono più
interessati alle sue qualità divine”. (op.
cit., p.54)
In
un altro passo chiave del
Codice, si afferma che
Gesù era sposato con Maria Maddalena. Per sostenere questa tesi, nel
libro viene citato un passo del Vangelo
di Filippo, un vangelo
apocrifo rinvenuto a Nag Hammadi, in cui si afferma che “La
compagna del Salvatore è Maria Maddalena”. Si aggiunge, inoltre,
che la parola “compagna”, in aramaico, significa letteralmente
“moglie”. È proprio così? Sentiamo Ehrman: “Prima di tutto la
parola non è aramaica […], è in realtà un prestito da un’altra
lingua […] il greco. Come se non bastasse, poi, la parola originale
greca (koinōnớs)
in realtà non significa <<sposa>> […] bensì
<<compagna>>, ed è comunemente usata per indicare
rapporti di amicizia e fratellanza” (op.
cit., p.136)
Questi sono solo alcuni esempi tratti dal volume
di Ehrman, che ci invitano ad adottare un atteggiamento “critico”
nei confronti di certe tesi, che vorrebbero sconvolgere le basi della
nostra fede.
Ben più dura la posizione di Umberto Eco che, a proposito
dell’autore del Codice
Da Vinci, ha detto:
“Dan Brown è un mestatore che diffonde false notizie, che si
arricchisce con materiale di scarto” (La
Repubblica, 20 maggio
2006).
Un articolo molto interessante, una fortuna che sia stato ritrovato e pubblicato. In merito a saggio, mi rallegro nell'apprendere la confutazione puntuale del testo di Dan Brown, un libro costruito sulle fake news, che ha contribuito non poco al suo successo. Complimenti Massimo.
RispondiEliminaUn caro saluto, é sempre un piacere leggerti
Effettivamente non si tratta mai di un'operazione "semplice ed immediatamente intuitiva" quella relativa al DISCERNIMENTO DEL VERO DAL FALSO (che si possa trattare nello specifico di un'opera cinematografica e/o letteraria, proprio come nel caso in oggetto, od ancora a livello generale della diffusione di una qualsivoglia notizia attraverso le principali forme comunicative orali e verbali), e per cercare di farlo NEL MIGLIORE E COERENTE DEI MODI (ed il più calzante possibile alla realtà) risultano necessarie, a mio parere, CONOSCENZE E COMPETENZE APPROFONDITE relative, IN PRIMIS, all'AUTOREVOLEZZA DELLE FONTI e, conseguentemente, ai PRINCIPALI CONTESTI DI RIFERIMENTO (vuoi che essi siano di natura sociale, storica, artistica o politica, ecc.).
RispondiEliminaNATURALMENTE senza mai trascendere dal concetto che risiede intrinsecamente alla cosiddetta "OPERAZIONE RICERCA DELLA VERITA'", e cioè l'agire mossi secondo il principio del non costruire una "verità artificiosa, faziosa o di comodo" per mero interesse personale volto alla ingiustificata ed immotivata demonizzazione di ciò che rappresenta e costituisce il "precedente"!
Ringrazio l'autore dell'articolo per il contributo offerto ed auguro a tutti un buon proseguimento.