Ringraziamo Rita Santini per questo interessante contributo che ci fa ricordare un tempo non tanto lontano che però, purtroppo, non tornerà più. In questi anni ci ha parlato di ombrellai, frati cerconi, omini dell'olio e ci ha donato tante altre storie e leggende simpatiche e curiose. Oggi ci parla dei vecchi mulini della Val Tarodine, frazione di Borgotaro (PR).
La
guerra aveva portato nei paesi della nostra valle problemi e disagi
enormi. la miseria era nera e le bocche da sfamare erano tante. Un
pezzo di pane era sostentamento vitale, unito alla farina di mais, di
segale e di avena. Allora era una gioia un’abbondante raccolta di
castagne, pensando che per anziani e giovani la farina che se ne
traeva era dolce leccornia, perché serviva per preparare polenta,
tortelli, frittelle e quanto altro la fantasia ispirava. Nelle nostre
campagne i contadini, in quel periodo, mandavano avanti il lavoro
manualmente, a forza di braccia, con tanta lena e buona volontà.
Utilizzavano anche gli animali per trasportare varie cose. Gli
animali, in particolare, erano molto utili per portare i cereali ai
vari mulini della valle. Io, essendo originaria della Val Tarodine,
vorrei parlare dei mulini ad acqua che a quell’epoca erano
dislocati in gran numero lungo il greto del fiume Tarodine. Quando
ero piccola, con i miei genitori andavo spesso a portare a macinare
grano, mais e castagne con il carro dei buoi. Noi eravamo abbastanza
fortunati perché possedevamo un carro trainato dagli animali, mentre
gli altri erano obbligati a portare i sacchi in spalla. I primi due
mulini si trovavano in località la
pessa di Rovinaglia ed
erano gestiti dal signor Lorenzo Beccarelli (detto zaccarën),
il quale, fra una macinata e l’altra, estraeva anche i denti
doloranti a chi non poteva recarsi in città, data la lontananza, e
la totale mancanza di soldi, di strade, di mezzi pubblici. Lui questo
lo faceva gratuitamente, o qualche volta in cambio di un bicchiere di
vino. Ancora oggi, dopo tanti anni, non è difficile trovare anche
nei paesi limitrofi persone anziane che lo ricordano. Scendendo a
valle si incontrava il mulino di Baruffati e quello di pròn
a San Vincenzo.
Proseguendo si trovava il mulino dei cocchi
(Giulianotti di Valdena), al quale si accedeva tramite un ponte di
legno, e un artistico ponte romano. Di seguito si trovava il mulino
di Giuseppe Beccarelli, detto pinetto,
a San Vincenzo. Alla fine della Val Tarodine, alle porte di San
Rocco, c’era il mitico Mulino dell’Aglio, che è stato l’ultimo
a cedere le armi. Questo mulino, a me e ad altra gente penso sia
rimasto ancora oggi nel cuore, forse perché era così bello sentire
girare le sue mole mentre macinava. Spesso le scolaresche, scortate
dai loro insegnanti, giungevano a vedere l’ultimo mulino all’opera.
Era gestito da un mugnaio simpaticissimo di nome Egidio che, ogni
volta che si arrivava, tutto bianco di farina ci correva incontro
come fosse una festa, e sorridente ci raccontava un sacco di
barzellette divertenti. Dopo tanti anni, io sono tornata a cercare
questi vecchi mulini, ma ho provato una cocente delusione: non
esistevano più! Forse troppo tempo era passato…
I
primi due mulini della pessa
esistono ancora, ma
venduti a privati vengono usati per altri scopi. I mulini di
Baruffati, cocchi e
pròn
sono stati travolti dalla frana di Valdena e inghiottiti dalla piena
del Tarodine. Il mulino di pinetto
è stato venduto a certi signori di Milano, che ora lo utilizzano per
le loro ferie estive. La gente di oggi non macina più! Il Mulino
dell’Aglio è stato tramutato in un moderno agriturismo.
L’anziano
mugnaio Egidio vive ancora nel quartiere di San Rocco: è sempre
simpaticissimo e, quando passando lo vedo, è come se rivedessi il
mulino andare coi suoi ritmici rumori al suono veloce dell’acqua, e
le farine colorate uscire ancora gagliarde dalle mole. Un mondo
scomparso, che sarà sempre bello ricordare e impossibile
dimenticare.