giovedì 29 agosto 2019

C'è il carbone a Borgotaro? Ce lo svela Giovannino Guareschi...


Curiosando su Google Books si fanno spesso delle scoperte curiose, o almeno così sembra a me. Ad esempio ci si può imbattere in un breve scritto di Giovannino Guareschi dove si parla del carbone e di Borgotaro. Il testo è tratto da “Bianco e nero - Giovannino Guareschi a Parma 1929-1938” (BUR Rizzoli) e il tono è il solito del nostro, tra l'allusivo e il divertito, e merita di essere condiviso con voi lettori del blog. Tornando a Guareschi, lasciamo la parola a lui: “C'è il carbone a Borgotaro? Per conto mio io dico che ci dovrebbe essere: ci farebbe comodo in una maniera straordinaria. Ci dovrebbe essere il carbone, a Borgotaro, come ci dovrebbe essere un pingue conto corrente, intestato a mio nome, presso almeno una delle più accreditate banche della penisola”. Del resto, prosegue, molta gente si è sempre posta, a proposito di Borgotaro, anche un altro interrogativo, ossia: “Ci sono i funghi a Borgotaro?”
E poi i funghi c'erano di sicuro, un anno più abbondanti e un anno meno...
Perchè dunque non dovrebbe esserci il carbone?
Il carbone c'era anche nei sacchi della signora Maria, che abitava in via Cocconi ma, scesa in cantina per svolgere alcuni lavori, li aveva urtati, e li aveva fatti cadere. Immaginarsi la meraviglia nel vedere che il carbone c'era, ma era di colore bianco. Di carbone solo uno strato superficiale e, sotto, tanti ciottoli bianchi. La signora Maria, angosciata, rovesciò gli altri tre sacchi e fece la stessa identica scoperta! Una stregoneria, un orribile sortilegio!
Il responsabile era il marito Antonio che aveva pensato bene di scambiare l'antracite con del gagliardo barbera.
Insomma, direte voi, ma il carbone a Borgotaro c'è o no? Lasciamo le parole al nostro Giovannino: “A Borgotaro il carbone c'è o, almeno, ci dovrebbe essere. Ma non mi azzardo a dire altro perchè qualcuno potrebbe obiettarmi; ma anche nei quattro sacchi della signora Maria il carbone c'era o, almeno, ci doveva essere...”
Forse, concludo io, è meglio venire a Borgotaro a cercare i funghi.
Quelli ci sono di certo.



La casa liberty, un romanzo declinato al femminile


          Nuova pubblicazione di Mariangela Pasciuti


Mariangela Pasciuti ha una lunga esperienza nell'ambito della didattica e della scuola, come pedagogista, docente universitaria e formatrice dei docenti, oltre che come autrice di libri tecnici, dedicati al mondo della formazione e dell'insegnamento. Non sapevo che fosse anche una scrittrice di romanzi. Ho letto con curiosità “La casa Liberty” (Bologna, Epika edizioni, 2018) e non sono rimasto deluso. E' un libro scorrevole, ben scritto, che rivela soprattutto un'ottima conoscenza dell'animo femminile. Un aspetto, quest'ultimo, fondamentale per comprendere le vicende narrate, che seguono le diverse generazioni di una famiglia sullo sfondo della storia del '900. Una storia declinata al femminile, però, visto che le figure più rilevanti, che emergono e spiccano decisamente, sono quelle delle donne.

Il romanzo si articola così, tra storia generale e storia personale che, alternativamente, si pongono al centro della scena. A volte si tratta di grandi eventi storici, che travolgono prepotentemente le protagoniste. Si pensi, in particolare, alla figura di Anita, infermiera coraggiosa che contribuirà alla salvezza di una ragazza ebrea. Fascismo, Nazismo, Resistenza, fanno da sfondo alla vicenda, ma si tratta solo di un aspetto del libro, che non ha finalità di ricostruzione storica, quanto piuttosto quello di indagare aspetti dell'animo umano. Spesso, infatti, è la storia personale dei personaggi, forti e fragili allo stesso tempo, a diventare centrale, con i loro percorsi di vita e le loro scelte. E così Adele, protagonista principale cede il passo alle altre donne, Michela, Laura, Sara, in una spirale avvolgente in cui le loro vite si rincorrono, tra richiami e riferimenti famigliari.
E poi c'è la casa Liberty, vero elemento di raccordo, cardine attorno a cui tutto ruota, luogo di vita prima e di ricordi poi, così importante da muovere la protagonista a rivendicarne il possesso, in un percorso di recupero e riscoperta delle proprie radici.

La parte centrale del romanzo, poi, ci riserva una sorpresa: “Ad Adele piaceva fare la mamma. La sua piccola, Laura, cresceva serena e curiosa del mondo. Vivace e intelligente. Amava che sua madre le raccontasse fiabe e a sua madre piaceva raccontargliele. Le inventava sul momento, le venivano così...”
Inizia qui un vero e proprio libro dentro il libro, un riuscito esperimento meta-narrativo, che rivela la grande capacità affabulatoria della scrittrice, che avrebbe forse meritato un libro a sé stante, un “libro che non c'è”, ma che meriterebbe la pubblicazione, e sarebbe un valido strumento per l'utilizzo didattico.