lunedì 20 gennaio 2020

L'estrazione del carbone a Borgotaro nell'800




Un po' di tempo fa, mi sono imbattuto in un breve scritto di Giovannino Guareschi dove si parla del carbone e di Borgotaro. Il testo è tratto da “Bianco e nero - Giovannino Guareschi a Parma 1929-1938” (BUR Rizzoli) e il tono, tra l'allusivo e il divertito, merita di essere condiviso con voi lettori. Traendo spunto da un titolo della “Gazzetta di Parma” di allora, Guareschi scrive: “C'è il carbone a Borgotaro? Per conto mio io dico che ci dovrebbe essere: ci farebbe comodo in una maniera straordinaria. Ci dovrebbe essere il carbone, a Borgotaro, come ci dovrebbe essere un pingue conto corrente, intestato a mio nome, presso almeno una delle più accreditate banche della penisola”. Del resto, prosegue, molta gente si è sempre posta, a proposito di Borgotaro, anche un altro interrogativo, ossia: “Ci sono i funghi a Borgotaro?”
E poi i funghi c'erano di sicuro, un anno più abbondanti e un anno meno...
Perchè dunque non dovrebbe esserci il carbone?
Guareschi strizza l'occhio al lettore, perchè il tema in questione, ossia la presenza o meno del carbone a Borgotaro, era argomento allora piuttosto discusso. Facendo qualche ricerca, si trovano infatti diversi riferimenti alla presenza del prezioso minerale nel nostro paese, e si può risalire a ritroso di oltre un secolo. In “Cenni storici intorno alla miniera di carbon fossile nel Valtarese” di Leonardi Eugenio si legge che “da una Relazione Ufficiale del signor Professore Ingegnere Zilioli, datata da Parma lì 13 dicembre 1849, risulta che fino dal 1837 il fu Andrea Piroli di Parma, Professore di Chimica Farmaceutica e Mineralogo dei Ducati di Parma e Piacenza, in una sua escursione scientifica negli Appennini di queste Provincie ebbe a rilevare la esistenza di un vero litantrace nella vallata del Taro; e più specialmente in quella parte di terreno racchiusa a Settentrione dal Ceno, a Ponente dal Rio Limone, a Mezzogiorno dal Rio Ingegna e Torrente Tolzina, ed a Levante dal Torrente Taro, su una superficie di circa 10 mila Ettari”. 
Con litantrace, infatti, è da intendersi una varietà di carbone. Questa sua scoperta venne però vista con scetticismo dagli scienziati e con incredulità dai più. Precedenti studi sulla natura e conformazione dei monti nei terreni dell'Abruzzo e nel Riminese avevano rilevato la presenza del Carbon fossile e proprio questi presentavano le stesse caratteristiche di quelli del Valtarese. “Potè constatare l'esistenza di diversi strati di Carbone a Gravago, […] S. Pietro, Brunelli, e S. Martino Rio-Secco nel Canal Vona”. 
Il Professor Piroli pensò bene, in vista delle ingenti spese necessarie per sostenere ulteriori ricerche per ottenere la concessione della Miniera, di rivolgersi ad un Banchiere di Piacenza, un certo Gaetano Ponti, (che divenne suo socio) e ad un Ingegnere Prussiano di nome Hajerman. 
Chiesa di San Martino
Poco oltre Leonardi aggiunge: “Per mezzo della trivella in un affluente al Canal di Vona, detto San Martino Rio-Secco, alla profondità di 25 metri fu constatata l'esistenza di uno strato di carbone di centimetri 60; se ne erano attraversati prima alcuni altri di minore importanza”. Per questi lavori, per l'acquisto di una trivella e per il compenso dell'Ingegnere, in poco più di un anno si spesero circa 25 mila franchi. Occorrevano però nuovi soci finanziatori e Piroli li trovò. Questi soci milanesi prima di intraprendere questa avventura si affidarono al parere di un loro esperto, il Professor Curioni, il quale dopo una breve osservazione del terreno, stando a cavallo, stabilì però che non si trattava di un terreno carbonifero. Essi si ritirarono dall'affare, si interruppero i lavori per mancanza di fondi e venne meno la concessione della miniera già ottenuta con Decreto del 31 marzo 1857. 
Quintino Sella
Solo nel 1863, l'aumento del prezzo del carbon fossile inglese, che si adoperava nella Regia Fonderia d'Artiglieria a Parma, spinse il suo Direttore Tenente Colonnello Leonardi, a riprendere gli studi sul carbone di Borgotaro e a rivalutare le ricerche del Piroli, procedendo con una ispezione in loco. Nel 1865 Leonardi ottenne tre concessioni di ricerca su una superficie di 1200 ettari. Dal 1867 al 1873 si spesero ingenti cifre per analisi, macchinari e ricerche. 
Se ne occupò persino Quintino Sella, geologo e Ministro dell'epoca che disse: “A dir lo vero la qualità della lignite di Val di Taro è veramente eccellente, come si scorge all'aspetto, come indicarono le analisi chimiche, come dimostrarono splendidamente i risultati che si ottennero colle prove sui piroscafi e nella illuminazione della Città di Piacenza e Spezia”. Si pensi che, nel 1870, il carbone di Borgotaro ebbe persino una medaglia d'argento all'Esposizione Artistica e Industriale della provincia di Parma. La documentazione che abbiamo potuto consultare arriva fino al 1884.