E'
un piacere ogni volta che una ricerca, un saggio, un libro, ci
permette di approfondire qualche aspetto della storia del nostro
paese. Questo ancora di più in questo caso, perchè il '400 è senza
dubbio, per noi, uno dei periodi più interessanti, più ricchi di
spunti. Un periodo in cui il nostro paese rivestiva una grande
importanza strategica poiché, collocato proprio nel cuore
dell'appennino, collegava la pianura padana con Genova, Pontremoli e
Lucca; un punto nevralgico anche per accedere al ducato di Milano.
E
così, in quegli anni, Borgotaro si trovò spesso al centro di
dinamiche sovra-locali, passando in pochi anni dalla dominazione
Viscontea a quella dei Landi, dei Fieschi e quindi degli Sforza, per
poi tornare di nuovo, a fine secolo, nelle mani dei Fieschi.
Dalla
lettura del libro si evince che, al momento della conquista sforzesca
(1467), Borgotaro era una cittadina di circa 3000 abitanti: con mura,
piazze, la rocca, un patriziato locale, ed era sede di antiche
istituzioni ecclesiastiche. La vita economica era piuttosto attiva,
c'erano numerose botteghe sulla via principale, dove si teneva anche
il mercato, si intrattenevano relazioni economiche e commerciali con
realtà esterne al Ducato di Milano. Le famiglie più importanti
della città, i principales, tanto per fare alcuni nomi, erano i
Cabruna, Ruinaglia, Borgarelli, Borgognoni, Stradella, Rugallo,
Costerbosa, Platoni (Notate questi cognomi: alcuni oggi sono
scomparsi; altri esistono ancora, leggermente modificati; altri
richiamano il nome di alcune località del circondario).
Foto Valerio Agitati: presentazione del libro a Borgotaro |
Tra di esse,
però, due emergevano nettamente: I Platoni (definiti “gatteschi”
per il loro legame coi Fieschi) e i Costerbosa (o “ducheschi”,
per il loro legame con gli Sforza) Queste famiglie erano in lotta per
il potere, per acquisire la maggioranza nel consilium, per accedere
ad importanti benefici ecclesiastici o cariche. Conoscevamo già
tanti di questi aspetti, che erano stati oggetto anche di alcune
pubblicazioni dell'Associazione “A. Emmanueli”, ma sono molti gli
argomenti nuovi e interessanti che emergono dalla lettura di questo
importante studio.
Una delle cose che più colpisce è che, in quegli anni, l'inasprirsi
della rivalità tra Platoni e Costerbosa aveva comportato la
divisione di Borgotaro in due “bande”, cioè in due parti. Oggi
le zone non risultano definibili con precisione, ma alcuni elementi
sembrano chiari: La
zona occidentale
era abitata in prevalenza dai Costerbosa, che avevano una propria
chiesa (San Domenico) e una propria porta di accesso al Borgo, quella
principale, che dava sul fiume Taro. E ripensandoci oggi sembra anche
logico, considerato che fu proprio un Costerbosa, Nicolasio, a
finanziare la fondazione del convento di San Domenico nel 1448. La
zona orientale,
invece, era abitata dai Platoni, con una propria chiesa
(Sant'Antonino) e una propria porta: quella che conduceva a Parma,
che sarà da collocare probabilmente nelle vicinanze di quella che
oggi chiamiamo Porta Farnese. In una lettera ducale si giunse
addirittura a proporre la costruzione di una “murata”, su modello
del muro Cazzaguerra di Pontremoli, per dividere queste due parti.
Muro che però non fu mai costruito.
Interessante è anche il
racconto di uno dei fatti più famosi di quel periodo, che già
conoscevamo, ma che in questo libro viene arricchito di particolari e
di precisi riferimenti documentali. Si tratta del fatto di sangue
che avvenne a Borgotaro il 26 ottobre 1473, quando, durante una
riunione del Consiglio della Comunità, Pietro Antonio Costerbosa,
alla testa di un gruppo di uomini armati, fece irruzione nella sala
del palazzo podestarile dove era riunita l'assemblea e uccise cinque
dei più importanti esponenti della fazione dei Platoni: Andrea
Rugallo, Ludovico e Marco Platoni, Benedetto Moreno e Domenico
Batticorno. Questo episodio è sempre stato considerato come l'inizio
di una parentesi violenta nella storia borgotarese, durata dal 1473
al 1475, e conclusasi con la pace stipulata tra Platoni e Costerbosa
in Sant'Antonino nel 1475. In realtà, come si evince dai documenti
citati nel volume della Dott. Leprai, la guerra civile di quei due
anni fu solo l'esito di un'escalation di violenza che ebbe inizio
alla fine degli anni '60 e continuò ben oltre la metà degli anni
'70 del '400. Sono frequenti infatti le lettere del carteggio
sforzesco, citate nel libro, dove si parla di “excessi” e
“scandoli” commessi da Platoni nei confronti di Costerbosa e
viceversa. Liti per terreni, piccole eredità, scambi di vedute,
spesso sfociavano in risse, ferimenti o uccisioni. E dietro si
intravedeva l'odio politico delle diverse fazioni. Comunque sia, quei
due anni, per Borgotaro, furono terribili: giova forse citare le
parole famose usate dallo storico piacentino Scarabelli per
descrivere la guerra civile: “Fu guerra dichiarata, il paese
diviso, tutti inferociti, si assalivano e si squarciavano, divisi i
parenti, non v'erano crudeltà che tra loro non commettessero, fur
visti alcuni bere il sangue del nemico ucciso, altri mangiare crude e
cotte le viscere. Tigri non uomini”.
Il
libro della Dott. Leprai chiarisce anche un'altra questione.
Secondo alcuni storici del passato, come il già citato Scarabelli e
il Crescenzi, l'uccisione dei cinque Platoni da parte di Pietro
Antonio Costerbosa sarebbe stata una reazione dei Costerbosa alla
decisione del Duca di Milano di cedere Borgotaro ai Platoni. La
notizia risulterebbe essere falsa, in quanto basata su una lettera
del Duca Galeazzo Maria Sforza a Francesco Hena dei Platoni, che
però, secondo quanto affermato dall'autrice, sarebbe palesemente
contraffatta.
In conclusione, questo volume
fornisce molti spunti di riflessione e speriamo possa invogliare a
studiare ancora meglio questo importante periodo della storia di
Borgotaro.
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