I grandi incipit della letteratura: Cent'anni di solitudine di G. García Márquez
Voglio riprendere oggi, cari lettori, la tradizionale rubrica del "Lettore di provincia" dedicata ai grandi incipit della letteratura. Lo spirito della rubrica è sempre lo stesso, quello di proporre le prime battute di un capolavoro della letteratura mondiale che, per diverse ragioni, ha entusiasmato i lettori attraverso le generazioni. Classici tra i classici, che molti di voi avranno già letto integralmente, ma che fa sempre piacere riprendere in mano. Un invito alla lettura caloroso, invece, per chi ancora non ha avuto l'occasione di sfogliarli.
Oggi vi propongo "Cent'anni di solitudine" di G. García Márquez. Pubblicato nel 1967, scritto nell'arco di 18 mesi, ma meditato per 15 anni, è un libro complesso, ma con i tratti tipici del capolavoro. Un linguaggio portentoso e un'invidiabile fantasia sostengono Márquez nella creazione della città di Macondo, vero paradigma della solitudine, che vive e cresce avvinghiata alle vicende della famiglia Buendìa e, in particolare, a quelle del colonnello Aureliano, figura epica e tragica al tempo stesso.
Spero di avervi invogliato alla lettura.
A presto per altri #ClassicidaLeggere!
Cent'anni di solitudine
Molti
anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello
Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in
cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era
allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica
costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano
per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova
preistoriche. Il mondo era cosí recente, che molte cose erano prive
di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito. Il mondo era
così recente, che molte cose erano prive di nome e per citarle
bisognava indicarle col dito. Tutti gli anni, verso il mese di marzo,
una famiglia di zingari cenciosi piantava la tenda vicino al
villaggio e con grande frastuono di zufoli e tamburi faceva conoscere
le nuove invenzioni. Prima portarono la calamita. Uno zingaro
corpulento, con barba arruffata e mani di passero, che si presentò
col nome di Melquìades, diede una truculenta manifestazione pubblica
di quella che egli stesso chiamava l'ottava meraviglia dei savi
alchimisti della Macedonia.

Grande libro, una trama dal respiro epico con uno stile potente e trascinante. Una lettura indispensabile che ti inchioda fino alla fine.
RispondiEliminaUna lettura consigliatissima.
Ottimo suggerimento e bella rubrica.
Ciao Massimo