domenica 9 dicembre 2018

L'assedio di Parma (1247) e la sconfitta di Federico II



Federico II di Svevia


C'è un evento della storia medievale che ha visto Parma protagonista decisiva della storia dell'epoca. Siamo nel 1247 e, ormai da decenni, brillava la stella di Federico II di Svevia (1194-1250). Imperatore del Sacro Romano Impero, re di Germania e di Sicilia, Federico non ha bisogno di presentazioni per chi conosce un po' la storia. Uomo dalle straordinarie doti militari e umane, parlava sei lingue ed era soprannominato “stupor mundi” (meraviglia del mondo). Amante della cultura e della poesia, cosa rarissima per l'epoca, aveva promosso lo sviluppo della Scuola poetica siciliana, tra i primi esempi in assoluto di poesia in volgare, ed era poeta egli stesso. Aveva una particolare predilezione per la terra di Sicilia, che lo aveva portato a trasferire lì la sua corte. 
Amore per la cultura e la poesia, però, che non deve far pensare che si trattasse di un sovrano debole o incapace di gestire il regno. Tutt'altro, visto che Federico sapeva essere forte e crudele, all'occorrenza, quando si trattava di gestire il potere o reprimere le ribellioni o le rivolte che rischiavano di mettere in dubbio la sua autorità. 
Federico II
Parma, ben presto, avrebbe conosciuto il volto più duro e spietato di Federico. La città, che era sempre stata tradizionalmente di fede Ghibellina, e quindi fedele all'imperatore, lo aveva tradito, e si era schierata decisamente dalla parte Guelfa. Era papa, allora, Innocenzo IV. 
Federico II non era certo tipo da tollerare simili prese di posizione e, ben presto, ordinò di sferrare un attacco contro la città, rea di tradimento. Siamo nel giugno 1247, e Parma venne cinta d'assedio dalle truppe imperiali. Si prospettava un assedio lungo e doloroso, portato avanti con l'obiettivo di obbligare la città alla resa per fame e per sete. 
Non c'era neppure bisogno di rischiare le truppe impegnandole in uno scontro aperto. Prima o poi la città si sarebbe arresa e, a quel punto, sarebbe stata distrutta e rasa al suolo. Federico era così sicuro dell'esito dell'assedio da aver già fondato una nuova città per sostituirla, che si sarebbe chiamata “Vittoria”. 
Federico, tranquillo come non mai del successo, trovava anche il tempo per dilettarsi con la sua più grande passione, quella della Falconeria, ossia della caccia col falcone. Aveva anche scritto un famoso trattato sul tema, “De arte venandi cum avibus”. Non si aspettava di certo quello che sarebbe accaduto a breve. 
Falconeria, o caccia col falcone
Era il 18 febbraio del 1248 e pare che Federico fosse ancora una volta impegnato nella caccia col falcone nella Valle del Taro. 
D'altronde, chi avrebbe mai potuto pensare che ci fosse pericolo alcuno? I parmigiani erano ormai allo stremo. Eppure, accadde l'impensabile. L'intero popolo, compresi gli anziani, le donne e i bambini, si unirono ai soldati e tentarono una sortita disperata. Non c'era altro da fare; l'alternativa era la morte tra gli stenti. Fatto sta che l'esercito imperiale, privo di guida, si fece cogliere di sorpresa, e venne messo in fuga. La nuova città di Vittoria venne distrutta e Federico II si accorse di quanto accaduto solo vedendo le colonne di fumo alzarsi di lontano. Egli fuggì nella fedele Borgo san Donnino (oggi Fidenza) e poi a Cremona. 

Concludo con una curiosità. Federico, a Parma, non perse solo la battaglia. Scrive Corrado Augias nel libro “I segreti d'Italia”, che “i parmigiani s'impossessarono del suo harem che lo seguiva ovunque, spartendosi le trecento concubine che ospitava. Erano arrivate a Palermo da tutta Europa le concubine dell'imperatore; finirono a Parma”. 








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