venerdì 24 maggio 2019

1915, la Grande Guerra e quel Campionato di calcio senza vincitori






Si sono da poco concluse le commemorazioni e i ricordi della Grande Guerra e sono state molte, negli ultimi anni, le pubblicazioni, di vario genere e di diverso tenore, che hanno messo al centro un momento così drammatico della nostra storia e della storia d'Europa. 
C'è però una pubblicazione, tra le tante che si potrebbero citare, che mi ha colpito in modo particolare, visto che pone l'accento su un aspetto tralasciato e quasi sconosciuto di quella storia. Un aspetto che si lega alla storia sportiva del nostro paese, e ricostruisce le vicende di un campionato di calcio un po' particolare, l'unico a venire sospeso, per evidenti ragioni, nel 1915. 
Un libro fatto di sport e vicende belliche e diplomatiche, connesse in un intreccio inscindibile. Si tratta di “1915, dal football alle trincee” di Alessandro Bassi (Bradipo Libri editore, 2015). L'autore, nato a Reggio Emilia nel 1973, ha già pubblicato diversi volumi, tra cui “Il football dei pionieri. Storia del campionato di calcio in Italia dalle origini alla I Guerra mondiale”.

Nella prima pagina scrive: “Volevo scrivere un libro strano, non convenzionale. Un libro che mettesse in una stessa pagina la storia 'alta' con la storia 'altra'. Un libro che raccontasse anche di come il calcio italiano e il Paese intero siano andati in guerra, tra stati d'animo e aspettative molto differenti in quell'anno fatidico di neutralità e di incessanti trattative su più tavoli”. 
L'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, in cui un attentatore serbo di nome Gavrilo Princip uccideva l'arciduca Francesco Ferdinando e la moglie, avrebbe portato ben presto tragiche conseguenze, precipitando gran parte dell'Europa nell'abisso della guerra. 

In Italia però, almeno nei primi tempi, la vita proseguì normalmente. Il nostro paese era rimasto neutrale e, per quanto il dibattito tra interventisti e neutralisti infiammasse gli animi, avvitandosi in una spirale che ci avrebbe portato alla dichiarazione di guerra all'Austria del maggio 1915, quella realtà appariva ancora lontana. 

Il nostro paese avrebbe goduto ancora, seppure per poco, di una relativa tranquillità. E la vita andava avanti, e con essa anche l'attività sportiva, che sembrava non risentirne. Anche allora si giocava il campionato di calcio, anche se era ben diverso da quello che conosciamo oggi. E' quello che oggi possiamo definire il calcio dei pionieri e se alcune squadre hanno nomi che conosciamo bene, come Juventus, Internazionale o Genoa, altre oggi sono scomparse, come Andrea Doria, Vigor, Casale (che era campione in carica). Regole farraginose garantivano la regolarità del torneo: le squadre erano suddivise in 6 gironi da 6 squadre ciascuno, assemblate sulla base delle regioni di provenienza. Al termine delle eliminatorie, le migliori due di ciascun girone e le quattro migliori terze formavano i quattro gironi di semifinale. Le vincenti di questi quattro gironi avrebbero formato il girone finale, da cui poi sarebbe uscita la vincitrice del campionato.


Un campionato che, però, resterà senza vincitori né vinti perchè il 21 maggio 1915 gli eventi precipitarono e pochi giorni dopo, il 23 maggio, l'Italia giunse alla dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria. Il giorno dopo, 24 maggio, la F.I.G.C. diramava questo comunicato: “In seguito alla mobilitazione generale la Direzione della F.I.G.C. ha sospeso gli incontri che ancora devono aver luogo a Genova, Milano, Roma, Pisa”. In quel momento, prima in classifica nel girone settentrionale era il Genoa, mentre nel girone dell'Italia centrale era la Lazio. 

Ma ormai i problemi da affrontare erano ben altri. Moltissimi furono i calciatori che partirono per il fronte e "Lo Sport Illustrato", che dal 10 giugno 1915 cambiò la testata in "Lo Sport Illustrato e la Guerra", volle onorarli pubblicando le foto di tutti gli sportivi, non solo calciatori, che partirono. 
In quei giorni si levarono molte voci che volevano l'assegnazione dello scudetto al Genoa, visto il valore e la qualità di quella squadra. Non tutti, tuttavia, erano d'accordo, e tra questi vi era una voce autorevole come quella di Emilio Colombo, che riteneva che sarebbe stato opportuno vedere il responso del campo. 
Come andò a finire, poi, lasciamolo alle parole dell'autore del libro, Alessandro Bassi: “Nel 1919, a guerra terminata, il titolo venne assegnato d'ufficio al Genoa, ma ormai erano un'Italia e un calcio diversi”. 




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