Carosello, ovvero alle origini del concetto di “Influencer”
In certi casi si arriva alla creazione di brand
milionari.
Molti giovani cercano di ripercorrere questa strada,
alla ricerca del facile successo ma spesso questi fenomeni non sono improvvisati,
ma hanno dietro il lavoro di veri e propri esperti di marketing che li
assistono e li consigliano. L'argomento è stato ampiamente affrontato sui
giornali e anche in specifiche pubblicazione.
Si pensa spesso, però, che sia un fenomeno strettamente contemporaneo, senza considerare che l'idea del personaggio che possa influenzare il pubblico al consumo o all'acquisto di un particolare prodotto non è certo nuova. Come scrivono Omar Rossetto e Mariaisabella Musulin nel loro interessante saggio “Influencer mania” (Milano, Hoepli, 2021) “gli influencer esistevano ancor prima della nascita di internet solo che, molto semplicemente, non venivano chiamati con questo appellativo. Usare la celebrità e la credibilità di alcune figure per influenzare le masse (e le vendite) è arte sfruttata da secoli”.
Chiaramente, oggi il web ha cambiato i canali di
comunicazione, ma il concetto di base è lo stesso. Una delle differenze, e
forse la principale, è quella che il web è più “democratico”, per così dire, e
dà la possibilità di emergere a chiunque, sempre che ne abbia le capacità e
l'intraprendenza.
Nel recente passato, alla fine degli anni '50 del
secolo scorso, nel momento in cui l'Italia entrava nel boom economico, spesso i
personaggi famosi o i divi del cinema si sono prestati a rappresentare il
veicolo ideale per sostenere la nascente civiltà dei consumi.
Come accennato sopra, non poteva essere l'uomo o la
donna qualunque a trasmettere questo messaggio, ma l'uomo o la donna di
successo, il divo, il presentatore amato e famoso.
Furono gli anni di Carosello, il programma Rai che
mescolava in modo sapiente sketch leggeri e messaggi pubblicitari. Il programma
per tutti, grandi e piccini, che ha segnato le prime fasi della tv nazionale.
Per fare qualche esempio, pensate a Virna Lisi, diva del cinema e icona di
bellezza dell'epoca, che si prestava allo spot del dentificio Chlorodont.
Oppure a Mina, che presta il volto per l'Industria
italiana della birra, o a Ugo Tognazzi che fa pubblicità al cioccolato Nestlè.
Carosello fu molto altro, visto che diede spazio anche al fumetto e
all'illustrazione, ma il discorso ci porterebbe lontano.
Il fenomeno dei testimonial d'eccezione continuò
ancora a cavallo tra gli anni '70 e '80, con la nascita anche di famosi slogan.
Si pensi a Mike Bongiorno, che promuoveva la grappa Bocchino che ti porta
“sempre più in alto”, o al caffè Lavazza di Nino Manfredi, che “più lo mandi
giù, più ti tira su!”
Con il passare del tempo, e soprattutto con l'arrivo
della tv commerciale, tutto sarebbe cambiato. Venne rivalutata l'importanza
della persona comune e la pubblicità la pose spesso al centro del target.
Con l'arrivo del web, è tornata al centro la figura
del Testimonial, che però ora si chiama Influencer. Ancora una volta, quindi,
col tempo tutto cambia, ma tutto sommato neppure tanto. Fatte salve le dovute
proporzioni e la diversa epoca, ovviamente.
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