Padre Umberto Bracchi, martire di Strela (1944)

 


Ogni anno, il 19 luglio, si commemora il tragico eccidio di Strela (frazione di Compiano, in provincia di Parma) del luglio 1944. Tra i caduti sotto i colpi della furia nazista, oltre ai civili, vi erano anche due sacerdoti, il parroco don Alessandro Sozzi e padre Umberto Bracchi, missionario borgotarese. Abbiamo contattato il nipote di quest’ultimo, che porta lo stesso nome e che ha vissuto quei momenti, per ricordare il ruolo che ha avuto lo zio in quelle vicende:

«Io, allora quasi dodicenne, ricordo bene quel sabato 15 luglio ’44. Dal cascinale alle Vignole, dove eravamo sfollati, si vedevano i razzi di collegamento che i tedeschi lanciavano scendendo dal Brattello e da Monte Chiaro per rioccupare il paese. Panico generale e uomini in fuga. Nel primo pomeriggio arrivò da noi lo zio don Umberto, accompagnando lì due anziane sorelle e raccomandando agli uomini di cercare rifugio. Lui sarebbe andato ai Ghirardi ospite del cav. Marchini ed avrebbe colto l’occasione per predicare ai numerosi sfollati là presenti. Non lo vedemmo più».


Ma perché era a Strela? «I fatti di domenica 16 culminarono con la cattura degli ostaggi a Borgotaro e la minaccia di ucciderli se entro due giorni non fossero stati liberati i prigionieri tedeschi in mano ai partigiani. Da qui l’appello a lui giunto che lo spinse ad adoperarsi con tutte le sue forze. Non era pertanto a Strela semplicemente “ospite del parroco”, ma stava perseguendo una causa nobile che avrebbe salvato molte vite e di questo dobbiamo dargliene atto».

Padre Bracchi aveva raggiunto il Comando partigiano, scarponando sui sentieri di montagna, per perorare appunto la restituzione di prigionieri tedeschi in cambio dei 54 ostaggi civili catturati a Borgotaro. Proprio da Strela, la sera del 18, aveva comunicato l’esito felice della missione al Comando tedesco e ai concittadini. «Tutto questo – prosegue Umberto Bracchi – è testimoniato dai documenti riportati nel fascicolo in suo ricordo pubblicato nel 1964». Tra questi una lettera a lui rivolta da una parrocchiana, che si faceva portavoce del parroco Mons. Carlo Boiardi e delle altre autorità religiose del paese. Questi erano tutti ostaggi dei tedeschi e padre Bracchi rappresentava l’ultima speranza per trovare una soluzione visto che, si legge, «in paese siamo solamente donne e vecchi». Un altro documento riportato nel fascicolo è la dichiarazione di avvenuto scambio dei prigionieri, firmata dal luogotenente tedesco e dal comandante partigiano Beretta.


Il sollievo per la buona riuscita della missione, purtroppo, sarebbe stato spazzato via dall’uragano nazista, che lo vide cadere la mattina del 19, colpito al petto, con il breviario in mano. «Ucciso in odio alla sua carità verso poveri inermi»: questa è l’epigrafe scritta sulla sua tomba nel cimitero di Borgotaro.

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