giovedì 7 agosto 2014

I racconti di Rita Santini: I frati "cerconi" e le formaggette


Quando ero bambina abitavo nel podere in campagna, poco lontano dal Borgo, dove allora mancava tutto: la luce elettrica, l’acqua corrente nelle case, il telefono e mille altre cose. I nostri giovani dovrebbero pensare un attimo a quali immensi benefici ha portato oggi l’arrivo di queste cose. Esistevano però altri valori ai quali tenevo molto, come l’amore per una famiglia unita: i nonni, genitori buoni e fratelli e sorelle affettuose. Si giocava con i cani e i gatti e anche le mucche ci facevano compagnia. Bastava un riccio, un topolino o uno scoiattolo, per farci fare le corse e un sacco di risate. Quando poi, nella stalla, nasceva un vitellino, per noi era una gioia grande e noi bambini ci chiedevamo come poteva essere nato già così gigante.
Vivevamo molto isolati, a quel tempo, e non veniva quasi mai nessuno a trovarci. Le poche persone che ogni settimana bussavano alla nostra porta erano le benvenute.

Una o due volte all’anno arrivavano da noi due frati anziani, che avevano due lunghe barbe bianche e portavano con sè due grossi cesti. Questi frati che, se non ricordo male, provenivano dal convento di Pontremoli, vestivano con un serio e modesto saio marrone accompagnato da sandali aperti senza calze e avevano viaggiato attraverso le montagne, anche con i climi più rigidi, sopportando grandi sofferenze, per penitenza ed obbedienza al loro ordine.
Erano mandati, dicevano, dal loro convento, per la cerca, e la loro frase, quando aprivamo la porta era sempre la stessa: “Per favore Marietta, ci date una formaggetta? Grazie!” Mia madre, che di nome si chiamava proprio Marietta, diventava rossa e correva a prendere le formagge, che in quel periodo, dato che non si vendeva ancora il latte, abbondavano, e ai frati ne dava sempre due. Poi mia madre aggiungeva sempre la medesima frase: “Pregate per me e per la mia famiglia”.
Io mi ricordo l’ultima volta che vennero i frati. Avrò avuto allora 7 o 8 anni. Venne un giovane frate, bello come un angelo, che non disse più la solita frase a cui eravamo abituati. Io lo guardai e anche lui indossava il saio marrone e aveva una corda bianca sui fianchi, come gli altri frati. Io mi chiesi se quei nodi sulla corda rappresentavano per lui, come mi era stato detto, tante preghiere, e mi fu poi permesso di appurarlo. Mia madre, dopo avergli regalato le formaggette mi disse: “Rita, accompagnalo fino alla strada comunale, e aiutalo a portare le ceste”.
La strada distava 500 metri da casa nostra e io presi il cesto più piccolo che conteneva una ventina di formaggette, e per me pesava più di un macigno. Lui raccolse la gerla più grossa e ci avviammo. Non faceva altro che pregare e diceva un sacco di Ave, Pater, Gloria. A un certo punto mi disse: “tu, piccolina, non preghi? Bisogna che preghiamo anche per quelli che ci danno le formaggette, oltre che per il nostro convento”. Io risposi: “Angelo Dei, qui custes mei” che avevo imparato in quei giorni a scuola. Erano le uniche parole che conoscevo della preghiera dell’Angelo custode e non potei continuare. Eravamo ormai arrivati alla strada. Il frate salutandomi mi disse: “ciao, piccola, sono arrivato. Vai pure, grazie!”
Foto tratta dal sito www.parks.it
Dopo aver fatto qualche passo, mi rivoltai per risalutarlo, ma era ormai scomparso. Passarono gli anni. In seguito i miei genitori, con non poca fatica, fecero una strada che da quella comunale portava alla nostra casa. E cominciarono ad arrivare anche da noi le automobili, e io per anni continuai a guardare se da qualche auto scendessero anche i frati “cerconi” per cercare le formaggette. Ma con rammarico non vidi mai più nessun frate scendere. Allora io pensai che, col progresso, la carità aveva preso altre strade. I frati, infatti, non tornarono più. Ci era stato detto, in seguito, che era cambiata la regola del loro ordine e non giravano più tra le famiglie a cercare. Sono passati tanti anni, ma quel frate giovane, gentile e bello, che sembrava un angelo, così orante, non l’ho mai più incontrato, né scordato.
                                                                         
                                      Rita Santini




Rita Santini, borgotarese, ha pubblicato poesie su giornali e periodici locali dell'Emilia Romagna, come “L'Araldo della Madonna di San Marco”, il “Lunariu Burg'zan” e la “Voce del Taro”, per cui ha scritto anche molti racconti. Ha partecipato a mostre di poesia, come il “Natale ritrovato” del Seminario di Bedonia, e le sue poesie sono state pubblicate ogni anno sul libro dei partecipanti. Molti, inoltre, gli attestati di partecipazione ricevuti da periodici e concorsi di altre regioni d'Italia. In particolare si ricorda la pergamena ottenuta partecipando ad un concorso indetto dal giornale “Lo Scoglio” di Roccaporena di Cascia. Recentemente ha conseguito il terzo premio al 35° Concorso di poesia organizzato dalla parrocchia di San Bernardo degli Usberti di Parma.




2 commenti:

  1. è proprio piacevole leggere questo racconto, storia di vita vissuta con i valori semplici, quelli della vita di campagna.
    Grazie
    Francesco

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