mercoledì 15 febbraio 2017

Dalla Mindfulzen a Sanremo: il caso del monastero Sanboji di Berceto







Negli ultimi anni ho avuto l'occasione di incontrare per due volte, a Borgotaro, in occasione della presentazione dei suoi libri, il monaco zen Carlo Tetsugen Serra
Italiano di nascita, ha compiuto i suoi studi buddhisti zen in Giappone. Rientrato in Italia ha aperto il monasteri Enso-ji, Il Cerchio, a Milano, nel 1988.
Nel 1996 ha aperto il monastero Sanbo-ji, Il tempio dei tre gioielli, a Berceto (PR).
Carlo Tetsugen Serra e Massimo Beccarelli
Nel 2013 ha messo a punto la Mindfulzen, unione tra lo zen e la mindfulness. Una via di consapevolezza per l'uomo del XXI secolo, alle prese con i problemi e le contraddizioni della modernità. Se ne parla nei libri Zen 2.0 e Zen 3.0
Libri ricchi di suggerimenti e di esempi per vivere meglio la propria vita.

In questi giorni, la sorpresa è stata grande, scoprire che proprio nel monastero di Berceto è stato girato il video del successo di Francesco Gabbani, vincitore dell'ultimo Festival di Sanremo. Un testo ironico e tutt'altro che banale, che non va certo liquidato come la canzone "con la scimmia" come ha fatto qualcuno, visto che affronta temi di grande attualità, come il rapporto tra l'uomo, le tecnologie informatiche e i social. Un testo ricco di citazioni che, se non avete ascoltato con attenzione, merita di essere risentito. 

Forse può stupire il fatto che sia stato accolto nel monastero proprio un cantante che scherza un po' sulla "moda" emergente della meditazione orientale.
«È vero, Gabbani “prende in giro” chi si avvicina per moda alla meditazione, alla filosofia e alle discipline orientali, ma noi crediamo che fare i conti con i tempi che viviamo sia doveroso. Non è detto, insomma, che chi si avvicina a questo mondo perché affascinato da un trend che forse non comprende del tutto non possa poi approfondire con una riflessione vera questa cultura e scoprire nuove consapevolezze». 


Queste le parole del portavoce del monastero, che mostrano una grande apertura e una capacità di mettersi in discussione non indifferente, che non mi stupisce però, visto la grande umanità e la cortesia dei monaci, che ho avuto modo di provare di persona




mercoledì 8 febbraio 2017

Curiosità storiche: Erik il rosso e la scoperta dell'America





Erik il Rosso
Quando si pensa alla scoperta dell'America, viene spontaneo pensare a Cristoforo Colombo e alle sue caravelle. 
L'impresa del genovese non va certo ridimensionata, ma bisogna considerare che quelle terre erano già state esplorate secoli prima di lui dai Vichinghi. La storia dei Vichinghi è affidata alle saghe, cioè ai racconti mitici della tradizione germanica, che sono state spesso considerate alla stregua di leggende con scarso fondamento storico. E anche la saga di Erik il rosso non era considerata in modo diverso. Di recente, però, il ritrovamento di reperti archeologici mostra che quella saga contiene molte informazioni storicamente attendibili.
Figura di avventuriero sicuramente “sui generis”, Erik il rosso fu costretto a fuggire dalla Norvegia per l'accusa di omicidio. Rifugiatosi in Islanda, dovette andarsene ben presto anche da lì. Per aver commesso altri atti di violenza, infatti, fu condannato a tre anni di esilio. Era il 982 d.c. ed Erik decise di viaggiare verso ovest; da quel momento iniziarono le sue esplorazioni per verificare l'esistenza di terre ospitali ad occidente. Nel corso di questo viaggio Erik scoprì la Groenlandia.
Finiti gli anni di esilio e tornato in Islanda, provò a convincere altri coloni a seguirlo nella “terra verde” (questa la traduzione in norvegese di Groenlandia) anche se quella terra di verde aveva ben poco, visto che buona parte del territorio era costantemente ghiacciato e innevato. Ma si sa, le figure carismatiche riescono facilmente a convincere il popolo e infatti Erik riuscì a ripartire con 25 navi cariche di coloni al seguito. L'impresa di colonizzazione riuscì e, nonostante la rigidità di clima, intorno all'anno 1000, vi erano due insediamenti normanni in Groenlandia di 4000 e 1000 abitanti. Con l'arrivo dei nuovi coloni, però, probabilmente arrivò anche un'epidemia che causò la morte di Erik. Siamo nel 1002 d.c.
La saga di Erik, però, non finisce con lui, ma prosegue con i suoi figli, a cui si deve un evento considerato da molti assolutamente leggendario, ma ormai provato dalle ultime scoperte archeologiche, la prima esplorazione dell'America da parte degli europei. 
Le saghe raccontano che i figli di Erik tentarono di colonizzare un territorio dal nome suggestivo, “Vinland” (terra del vino). Si tratterebbe dell'attuale Isola di Terranova, che si trova ad est del Canada, e che venne raggiunta subito dopo l'anno 1000 da Leif Eriksson.
La colonizzazione americana ebbe vita breve. Dopo pochi anni i Vichinghi dovettero abbandonare le nuove terre per la resistenza delle popolazioni.
In conclusione, se certamente non fu Cristoforo Colombo il primo europeo a “scoprire” l'America, questo primato non spetta nemmeno a Erik il rosso, semmai a suo figlio Leif Eriksson.