sabato 11 gennaio 2014

Vittorio Betteloni, un poeta da riscoprire




Nei giorni scorsi, a seguito di un articolo dedicato al mio hashtag #classicidaleggere apparso sul giornale “L'Arena” di Verona, mi è capitato di dialogare su twitter con alcune persone, in particolare con la gentile Camilla Madinelli, che a quel giornale collabora. Ricordavo loro di essermi laureato con una tesi dedicata ad un poeta veronese dell'800, Vittorio Betteloni, che ho molto amato. Ho così scoperto che Betteloni è ancora ricordato con piacere a Verona; ci sono scuole che portano il suo nome e là vivono ancora i suoi eredi. Purtroppo, nel resto d'Italia la sua figura non è altrettanto conosciuta, o almeno non tanto quanto meriterebbe. Betteloni ebbe infatti, ancora vivente, l'apprezzamento di Giosue Carducci e Benedetto Croce, cosa non da poco. Fu grande poeta e apprezzato traduttore dal'inglese e dal tedesco.

Voglio dare un piccolo contributo, ricordando qui la sua figura, e tratteggiandone una breve biografia. 
Vittorio Betteloni nasce a Verona il 14 giugno 1840 dal poeta Cesare e da Giovanna Bertoldi. Vittorio compie i primi studi presso il Collegio Gallio di Como e quindi, dal novembre 1850, presso il Ginnasio vescovile di Verona. In seguito frequenta il Liceo Maffei di Verona, dove consegue la maturità nell’agosto 1858. Il 26 settembre di quell’anno suo padre, Cesare Betteloni si toglie la vita. Vittorio viene affidato alle cure del più caro amico di suo padre, il poeta Aleardo Aleardi. 
Nel novembre 1858 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova. Nel novembre dell'anno successivo si iscrive al secondo anno di Giurisprudenza all’Università di Torino e, l’anno successivo, si trasferisce a Pisa, dove frequenta la medesima facoltà e si laurea nell’estate del 1862. Tornato a Verona nell’agosto di quell’anno, si dedicherà alla cura dei vasti poderi ereditati dal padre, e alla pubblicazione delle proprie opere letterarie. Nel 1866 pubblica la sua prima opera, il poemetto l’Ombra dello sposo – Fola da  sere d’inverno. In quegli anni si era messo a frequentare Milano, dove conobbe i poeti della Scapigliatura. 
Nel 1869 stampa il volume di versi In Primavera. Tre anni dopo si sposa con Silvia Rensi, da cui avrà tre figli. Dopo il matrimonio non si mosse quasi più da Verona, dividendo la sua vita tra una modesta casa in città e la grande villa di Castelrotto.
Villa Betteloni a Castelrotto, attualmente abitata dall'erede Vittorio
Nel 1875 conosce Giosue Carducci, che era giunto in visita a Verona il 27 settembre, e con lui stringe una duratura amicizia. Nella stessa occasione conosce anche Carolina Piva Cristofori, che in quegli anni aveva grande ascendente sul poeta maremmano. In quello stesso anno pubblica l’Aideia, un saggio di traduzione del Don Giovanni di Byron. L'anno successivo darà alle stampe la traduzione dell’Assuero a Roma di Hamerling. 
Nel 1877 riceve la nomina ad insegnante di letteratura presso il Regio Collegio delle Fanciulle in Verona. Nel 1880 pubblica i Nuovi Versi, che apparvero accompagnati da una prefazione di Giosue Carducci (che in realtà si occupava del precedente volume, In Primavera). In quello stesso anno pubblica il primo volume della traduzione del Don Giovanni.
Dal 1881 al 1889 si dedicò anche alla politica e fu a più riprese consigliere ed assessore alla pubblica istruzione del Comune di Verona. Nel frattempo continuava a scrivere: nel 1882 uscirà la traduzione dell’Arminio  e Dorotea di Goethe. Nel 1894, anno in cui abbandona l'insegnamento, pubblica Stefania ed altri racconti poetici. Nel 1897 esce la traduzione completa del Don Giovanni di Byron e il romanzo Prima lotta. 
Nel 1903 pubblica Crisantemi – Ultimi versi e infine, nel 1906, Zulieta e Romeo  - Storiella in versi de un poeta popolan.
Muore, a Castelrotto, il 1° settembre 1910



Da “Canzoniere dei vent'anni” (In Primavera)

Poi ti tenevo dietro piano piano, 
com'è costume dei novelli amanti, 
pur di scorgerti solo da lontano, 
senza parere all'occhio dei passanti: 
e tu con atto cauto e sospettoso, 
per non mostrar che a me ponessi mente, 
volgevi a mezzo il capo tuo vezzoso, 
ad or ad or non molto di sovente;






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