Questa
nostra era moderna è un’epoca in cui per chiamarsi, scriversi e
dialogare basta un clic, una chat o qualcosa di simile, anche se
questi strumenti nascondono spesso amare sorprese. Tutti lavorano
attaccati ai computers e ai telefoni cellulari, e tutto è veloce e
affannoso. A noi che tanto giovani ormai non siamo più, ma neppure
vecchi, viene da chiederci dove sono finiti i nobili mestieri della
nostra gioventù, quando il lavoro ci riempiva le ore e le giornate.
Venivamo contattati da persone efficienti che ci offrivano il frutto
del loro pregiato lavoro manuale. E noi lo sappiamo che era così,
perché lo abbiamo provato. Fra i tanti mestieri in voga una volta,
ve ne racconto uno che ha come protagonista un uomo originale e
simpatico, ma soprattutto carico di umanità. Mi ricordo
perfettamente un omino piccolo, anziano ma vispo, che due volte
all’anno giungeva dalla Liguria. Portava sempre, caricato
saldamente sulle spalle, un grosso contenitore di acciaio
inossidabile, e nelle mani recava bottiglioni stracolmi di olio
extra-vergine di oliva. Per tantissimi anni costui arrivò a casa
nostra offrendoci un olio genuino e garantito al 100 %, che lui
traeva dalle sue piante d’ulivo, che coltivava con amore
nell’entroterra ligure.
Noi
vivevamo allora in campagna, nella vecchia casa di mio nonno, ed
eravamo in sette persone, tra cui quattro bimbi. L’omino giungeva a
noi sempre verso sera, stanco ed affamato, così, dopo essersi
rifocillato alla nostra tavola, rifiutava umilmente il letto che i
miei genitori gentilmente gli offrivano e diceva: “Per me basta e
avanza dormire qui in cucina accanto al fuoco della stufa, e sono
sicuro che domattina saranno rinvigorite le mie stanche ossa”. Così
i miei genitori lo salutavano e andavano a letto, chiudendosi dietro
le spalle la porta. Noi bambini, dalle fessure delle porte, spiavamo
con curiosità e udivamo bisbigliare piano. Erano le preghiere che
provenivano dalla panca dove riposava l’omino dell’olio. Il
mattino dopo, appena sveglia, io correvo in cucina per dare il
buongiorno all’ometto, ma di lui non c’era più neanche l’ombra.
Mia madre mi diceva: “è andato via all’alba, lui ha ancora molto
da lavorare, deve vendere altro olio prima di tornare in Liguria.
Sai, è molto lontana la sua casa e la sua famiglia lo aspetta”.
Era vero, non c’erano mezzi allora e lui la distanza la copriva
tutta a piedi. Io mi chiedo ancora adesso come facesse con un carico
così pesante da trasportare, un omino così piccolo, a superare le
montagne ed arrivare fino a noi. Sono passati tanti anni, tante cose
sono cambiate, non so più cosa gli sia successo, e me ne dispiace.
Io il trasportatore d’olio non l’ho più visto. Mi rimane però
il ricordo indelebile di lui, che si sapeva guadagnare la vita col
lavoro, col sorriso sulle labbra sapeva conquistarsi la simpatia di
tutti. Bravo, ci hai insegnato tanto, omino dell’olio!
Rita Santini
Rita Santini, borgotarese, ha pubblicato poesie su giornali e periodici locali dell'Emilia Romagna, come “L'Araldo della Madonna di San Marco”, il “Lunariu Burg'zan” e la “Voce del Taro”, per cui ha scritto anche molti racconti. Ha partecipato a mostre di poesia, come il “Natale ritrovato” del Seminario di Bedonia, e le sue poesie sono state pubblicate ogni anno sul libro dei partecipanti. Molti, inoltre, gli attestati di partecipazione ricevuti da periodici e concorsi di altre regioni d'Italia. In particolare si ricorda la pergamena ottenuta partecipando ad un concorso indetto dal giornale “Lo Scoglio” di Roccaporena di Cascia. Recentemente ha conseguito il terzo premio al 35° Concorso di poesia organizzato dalla parrocchia di San Bernardo degli Usberti di Parma.
il profumo del tempo trascorso, di quei tempi ovattati, lenti e intensi di lavorii scanditi dai tempi delle stagioni. Meravigliosi sacrifici di semplicità e dignità, poveri ma ricchi di sapienza.
RispondiEliminaTutto questo si percepisce da questo breve racconto semplice ed essenziale come la vità di quel tempo, una bella finestra su quella vita.
Francesco