venerdì 22 agosto 2014

I racconti di Rita Santini: Il piccolo ombrellaio

Foto tratta da www.lacittavisibile.eu


Erano gli anni '50: era appena finita la Seconda Guerra Mondiale, e si viveva con parsimonia. Anche possedere un ombrello era una fortuna. Prestarselo uno con l'altro, all'interno della famiglia, era cosa comune. Anche in casa mia si faceva così, e a forza di passarselo di mano in mano, sovente si rompeva, e gli cadevano le stecche. Non si avevano i soldi per comprarne un altro e allora, quando si sentiva strillare “Ombrellaio!”, si correva fuori a cercarlo. Arrivava allora quell'uomo, con a tracolla un ombrello che aveva aggiustato, e appresso a lui un figlioletto di sette-otto anni, coi capelli rossi e il naso ricoperto di lentiggini; così carino, che era immediatamente simpatico a tutti, ma a noi bambini in modo particolare. Sentivamo suo padre sgridarlo sovente, e intimargli di aiutarlo ad aggiustare gli ombrelli; un lavoro da grandi, che di bello aveva solo la fatica, e poi il lungo cammino di casa in casa. Ci dissero che suo padre veniva dalla Toscana; mi sembra abitasse vicino Aulla. Mentre il padre aggiustava i pochi ombrelli che i nostri vicini gli portavano, il bambino giocava molto volentieri con noi, a pallone o a palla-prigioniera. Quando il padre lo sgridava, perchè non lo aiutava, lui si sfogava con noi e ci diceva che da grande non avrebbe fatto l'ombrellaio come suo padre, ma avrebbe cercato un lavoro migliore e sarebbe diventato ricco. A noi, queste parole, ci facevano sognare. Intanto giocavamo con un pallone fatto di stracci, e il padre del bambino, che a volte sembrava così burbero, in cuor suo era felice che suo figlio si divertisse con noi. Noi sorridevamo. C'era allora una sorta di spontanea complicità, che faceva sì che tutte le persone andavano naturalmente d'accordo: cosa che purtroppo non esiste più.
Spesso, giunta la sera, l'ombrellaio e il figlio si fermavano a mangiare da noi: il solito piatto di minestra di legumi, che a casa nostra non mancava mai. L'ombrellaio ci raccontava: “A casa mia ho altri tre figli da sfamare, e il cibo non basta mai”.
Alcuni anni dopo, io e i miei fratelli dovemmo emigrare in cerca di fortuna e, nei lunghi anni all'estero, ci dimenticammo dell'ombrellaio e di suo figlio. Al ritorno, i miei genitori mi dissero che, qualche tempo prima, era venuto al paese un bel giovane a cercare i suoi vecchi compagni di gioco. Aveva i capelli rossi, le lentiggini sul naso e, tra le mani, un bell'ombrello dal manico dorato e arabescato. Disse ai miei genitori che era tornato per mantenere una promessa che ci aveva fatto da bambini. A quel punto, noi ci ricordammo del figlio dell'ombrellaio e, chieste notizie, venimmo a sapere che probabilmente aveva aperto una boutique di lusso, dove venivano costruiti anche ombrelli. Quell'ombrello dorato è ancora nella mia casa di campagna, ed è il ricordo di un caro amico che aveva realizzato i suoi sogni.



Rita Santini, borgotarese, ha pubblicato poesie su giornali e periodici locali dell'Emilia Romagna, come “L'Araldo della Madonna di San Marco”, il “Lunariu Burg'zan” e la “Voce del Taro”, per cui ha scritto anche molti racconti. Ha partecipato a mostre di poesia, come il “Natale ritrovato” del Seminario di Bedonia, e le sue poesie sono state pubblicate ogni anno sul libro dei partecipanti. Molti, inoltre, gli attestati di partecipazione ricevuti da periodici e concorsi di altre regioni d'Italia. In particolare si ricorda la pergamena ottenuta partecipando ad un concorso indetto dal giornale “Lo Scoglio” di Roccaporena di Cascia. Recentemente ha conseguito il terzo premio al 35° Concorso di poesia organizzato dalla parrocchia di San Bernardo degli Usberti di Parma.





                                                                 



2 commenti:

  1. Una leggerezza che rinfresca la lettura di un racconto, pieno del profumo dei ricordi

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  2. Oltre l'ombrellaio c'era anche il vasaio che riparava grandi vasi di coccio in cui le mamme facevano il bucato. Spesso come ricompensa accettavano vecchi capelli tenuti da parte per l'occorrenza o addirittura un piatto di pasta o di legumi. I bambini giocavano a palle di carte tenute assieme in vecchie calze, antenate dell'attuale riciclo. Fine anni '50

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