domenica 7 gennaio 2024

Il Conte di Cavour da giovane, un aspetto poco studiato della vita del grande statista




Otto von Bismarck, riferendosi al secolo diciannovesimo, in cui vissero entrambi, dichiarò Cavour “il più grande statista europeo”. Tuttavia, quando si parla di Camillo Benso, conte di Cavour, appunto, ci si riferisce sempre, o quasi sempre, al cosiddetto “decennio cavouriano”, ossia quegli anni che vanno dal 1850 alla sua prematura scomparsa. Gli anni, cioè, in cui rivestì un ruolo decisivo nel portare a realizzazione concreta quel percorso di unificazione italiana che sembrava, fino a pochi anni prima, non altro che una effimera chimera.

I libri di storia si soffermano lungamente sulle doti strategiche del conte, e sulla capacità di coinvolgere Napoleone III nell'impresa italiana, avvalendosi di vari sotterfugi, tra cui l'abilità della cugina Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, la cui relazione con l'imperatore dei francesi risulterà decisiva per la causa italiana. Cavour, che già aveva sostenuto francesi e inglesi nella guerra di Crimea con l'invio di un contingente militare piemontese, riuscì, grazie all'appoggio della Oldoini, ad ottenere un incontro segreto con Napoleone presso la cittadina di Plombières. In quell'occasione, il conte otteneva l'appoggio dei francesi contro il nemico austriaco, purchè questi ultimi avessero attaccato per primi. Come noto, quell'accordo gettò le basi per la vittoriosa Seconda guerra d'indipendenza.

Poco noti, e poco scandagliati dagli storici, sono invece i primi quarant'anni di vita del grande statista, quelli precedenti alla sua stagione “politica”.

A trattare di quel periodo, importante per approfondire la sua figura storica, contribuisce oggi il volume “Cavour prima di Cavour” (Rubbettino editore, 2021) di Franca Porciani, giornalista e scrittrice, per molti anni firma del “Corriere della Sera”.

Che faceva dunque il conte durante la sua giovinezza?

Fu un uomo del suo tempo, un imprenditore agricolo che, pur essendo figlio cadetto, e quindi escluso dal patrimonio della sua ricchissima famiglia, seppe distinguersi nell'amministrazione delle tenute di Grinzane (Cuneo) e Leri (Vercelli), modernizzando i metodi di produzione del vino e del riso. Seppe anche godersi la vita, si direbbe oggi, visto che viaggiò a lungo e amò diverse donne, una delle quali, la genovese Anna Giustiniani, detta “Nina”, giunse anche al suicidio per lui.

Un centinaio di pagine in cui Franca Porciani ci accompagna, a metà tra il reportage giornalistico e la ricerca storica, alla conoscenza di un personaggio di cui ci rendiamo ben presto conto di conoscere ancora poco, ben diverso dal “Cavour” cristallizzato dai libri di storia, a cui siamo abituati.