giovedì 17 ottobre 2024

I grandi incipit della letteratura: Se una notte d'inverno un viaggiatore

 


Stai per cominciare a leggere Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo, speriamo che ti lascino in pace.

Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.

Certo, la posizione ideale per leggere non si riesce a trovarla. Una volta si leggeva in piedi, di fronte a un leggio. Si era abituati a stare fermi in piedi. Ci si riposava così quando si era stanchi d’andare a cavallo. A cavallo nessuno ha mai pensato di leggere; eppure ora l’idea di leggere stando in arcioni, il libro posato sulla criniera del cavallo, magari appeso alle orecchie del cavallo con un finimento speciale, ti sembra attraente. Coi piedi nelle staffe si dovrebbe stare molto comodi per leggere; tenere i piedi sollevati è la prima condizione per godere della lettura.

Bene, cosa aspetti? Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul pianoforte, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettile. Adesso non restare lì con le scarpe in una mano e il libro nell’altra.


Regola la luce in modo che non ti stanchi la vista. Fallo adesso, perché appena sarai sprofondato nella lettura non ci sarà più verso di smuoverti. Fa’ in modo che la pagina non resti in ombra, un addensarsi di lettere nere su sfondo grigio, uniformi come un branco di topi; ma sta’ attento che non le batta addosso una luce troppo forte e non si rifletta sul bianco crudele della carta rosicchiando le ombre dei caratteri come in un mezzogiorno del Sud. Cerca di prevedere ora tutto ciò che può evitarti d’interrompere la lettura. Le sigarette a portata di mano, se fumi, il portacenere. Che c’è ancora? devi far pipì? Bene, saprai tu.

Non che t’aspetti qualcosa di particolare da questo libro in particolare. Sei uno che per principio non s’aspetta più niente da niente. Ci sono tanti, più giovani di te o meno giovani, che vivono in attesa d’esperienze straordinarie; dai libri, dalle persone, dai viaggi, dagli avvenimenti, da quello che il domani tiene in serbo. Tu no. Tu sai che il meglio che ci si può aspettare è di evitare il peggio. Questa è la conclusione a cui sei arrivato, nella vita personale come nelle questioni generali e addirittura mondiali. E coi libri? Ecco, proprio perché lo hai escluso in ogni altro campo, credi che sia giusto concederti ancora questo piacere giovanile dell’aspettativa in un settore ben circoscritto come quello dei libri, dove può andarti male o andarti bene, ma il rischio della delusione non è grave.

 

Tina Anselmi, la ragazza della Repubblica

 


È il titolo, di per sé emblematico, di un libro pubblicato da Graphofeel Edizioni ed opera di Chiarastella Campanelli.

Un volume biografico che ripercorre la vita, appassionante come un romanzo, di Tina Anselmi, prima donna a diventare ministro della Repubblica italiana. Una figura femminile straordinaria e modernissima, il cui ruolo nella storia d’Italia va approfondito e riscoperto. Una donna energica, schietta e coraggiosa, che non si tirò indietro di fronte a prove durissime, come quella di annunciare alla famiglia la morte di Aldo Moro.

Cattolica convinta, improntò la sua attività politica al rispetto della laicità dello Stato, lottò per la parità salariale delle donne con fermezza e totale indipendenza di giudizio. Consapevole che sarebbe stata la fine della sua carriera politica accettò di presiedere la Commissione d’Inchiesta sulla P2, anteponendo il bene comune a ogni altra considerazione.

Conservò intatto per tutta la vita l’amore per la natura, per la semplicità e per la trasparenza, interpretando concretamente i valori di quella democrazia che considerava una preziosissima e fragile conquista. Un libro che non si sofferma solo sulle sue vicende pubbliche, ma affronta anche quelle private, osservando la crescita della sua consapevolezza e la genesi della sua passione politica e condividendone il coraggio e le tumultuose tempeste personali.

 «Tina era una persona ottimista e lungimirante, aveva fiducia in un domani migliore, questo la rendeva battagliera e forte. Teneva molto alle giovani generazioni, a farle crescere con una coscienza attiva e saggia, per lei “la memoria” era fondamentale». – scrive Chiarastella Campanelli - «Ho amato il suo lato di animo nobile che stava nell’accoglienza e nella tolleranza verso l’altro, anche di chi la pensava diversamente da lei e non perché se ne sentisse superiore, ma perché in uno sforzo di comprensione capiva che ognuno a suo modo ha qualcosa da dare e che questo è un arricchimento personale».

La Campanelli, romana, è laureata in Scienze politiche. Ha conseguito un baccalaureato in lingua araba e islamistica. Dal 2008 è direttrice editoriale della casa editrice il Sirente, per cui ha curato due collane dedicate alla letteratura araba e migrante traducendo alcuni volumi.  Nel 2021 ha pubblicato un romanzo per bambini: «Il mistero di Pyrgi. Avventura tra gli Etruschi» (Dalia edizioni).

 

 

 

 

mercoledì 16 ottobre 2024

"Uno scomodo commissario" di Daniele Benati vince la II^ edizione del Premio letterario Città di Salsomaggiore



Si è svolta domenica 6 ottobre presso la Sala Mainardi del Palazzo 
dei congressi di Salsomaggiore la cerimonia di premiazione della seconda edizione del «Premio Letterario Città di Salsomaggiore». Dopo il saluto dell’amministrazione comunale nella persona di Daniela Isetti, assessore alla promozione del benessere della persona, Eddy Lovaglio, organizzatrice dell’evento e Claudio Ardigò, hanno proclamato i vincitori alla presenza dei finalisti intervenuti all’evento. La giuria, capitanata dallo scrittore Valerio Varesi e composta dalla giornalista della Gazzetta di Parma e critica d’arte Manuela Bartolotti, dal giornalista Rai Luca Ponzi, dal critico letterario Claudio Ardigò e da Giorgio Lambri, capocronista del quotidiano La Libertà di Piacenza, ha decretato come primo classificato il romanzo «Uno scomodo commissario» di Daniele Benati, ispirato alla tragica vicenda del commissario Guido Cammeo, la cui unica colpa fu quella di essere ebreo durante la dittatura di Mussolini. È quindi la storia vera del "processo del secolo", come lo definisce la propaganda fascista, che riguarda l'eccidio di Modena del 26 settembre 1921. Un libro per illuminare alcuni coni d’ombra della società di un tempo non così distante da quella attuale.

Al secondo posto «Di cibo e di amore» di Marta Ajò. Storia di una madre e una figlia, il cui rapporto è messo alla prova attraverso il cibo, elemento centrale del loro confronto. La sfida più dura nella vita di una persona è quella di affrontare la malattia di chi si ama, se poi le protagoniste sono madre e figlia è veramente difficile. Un romanzo per capire la differenza tra insegnare ed educare. Insegnare è dare delle nozioni; educare, come fa la madre protagonista del romanzo, è dare una testimonianza. Insegnare è sapere, educare è essere e accendere una fiamma in quel difficile percorso che ha attraversato la vita della figlia. Un romanzo, per usare una frase di Kafka, che apre uno squarcio nell’iceberg delle nostre coscienze. 

Pari-merito, al terzo posto, «Volevo solo avere più tempo» di Stefania Convalle. La routine quotidiana di Antonio, vedovo da diversi anni, viene sconvolta dall'acquisto di una clessidra, che innesca riflessioni malinconiche sul tempo che passa e sulla sua vita che volge al termine. In pochi giorni, Antonio si ritrova a fare i conti con la sensazione che la vita stia accelerando, realizzando che i desideri non muoiono facilmente e che, nonostante l'età, c'è ancora bisogno di tempo per coltivarli. Un tempo che perdona ma anche il tempo come ossessione, troppo lento per chi aspetta, troppo rapido per coloro che temono, troppo breve per chi gioisce, ma è eterno per chi ama e alla fine la vita è tutta qui non si misura dalla quantità di tempo che ti rimane, nè attraverso il numero dei respiri che facciamo ma attraverso quei momenti che ti lasciano senza respiro.

Pari-merito, terzo classificato: «Ho chiuso con te» di Emanuela Esposito. A Caivano, comune napoletano noto per il degrado, le gemelle Lola e Nina assistono alla violenta morte dei genitori, evento che segnerà per sempre le loro vite. Da adulte, le loro strade si dividono: Lola si trasferisce a Parigi per entrare nel mondo della moda, mentre Nina rimane a Napoli a insegnare pittura. Tuttavia, una tragica notizia costringe Lola a tornare in città, dove incontra Alessandro, un avvocato dal passato tormentato. Le loro vite si intrecciano, sospese tra passato e futuro, verità dimenticate e sentimenti inaspettati, rivelando che nessuno è ciò che sembra. 

La giuria ha assegnato anche due menzioni speciali: la prima a «La verità di Elvira. Puccini e l’amore egoista» di Isabella Brega. Il libro è una ricerca su Puccini uomo e compositore attraverso le lettere del compositore, della sorella, della moglie Elvira. Non è un romanzo, ma uno spaccato sull’uomo ed il suo rapporto con l’universo femminile, ma soprattutto sulla sua complessa relazione sentimentale con la moglie Elvira. Un romanzo tra etica e passione; per capire che la passione senza etica è disordine, pericolo, tristezza e l’etica senza passione è burocrazia, grigiore assenza, unite sono una forza per il futuro, sono speranza.

L’altra menzione speciale a «Burn out di Michele di Mauro. Tre anni dopo aver smesso di operare a causa di un burn out, Marco Pacifico si è rifugiato nel suo paese natale. Un caso di suicidio-omicidio in cui il libro, attraverso una serie di colpi di scena, esplora il lato oscuro celato dai camici bianchi. Tormenti, soddisfazioni, sacrifici, rinunce, ma anche un mondo dove la passione può soccombere al potere.

 


martedì 15 ottobre 2024

Breve dialogo sulla felicità: come non sprecare il tempo e vivere felici

 

«Breve dialogo sulla felicità» è un racconto che nasce dall'incontro tra l'autore del libro, Frank Iodice, e José Pepe Mujica, ex presidente della repubblica uruguaiana. Un personaggio emblematico, quest'ultimo, che deve la sua popolarità non tanto alle vicende politiche e biografiche, per quanto notevoli, ma alla scelta di adottare uno stile di vita parco e frugale che lo ha portato a rinunciare a vivere nel palazzo presidenziale e a rifiutare gran parte dello stipendio da presidente.

Il libro, mutuando il genere classico del dialogo, porta in scena le convinzioni di un floricoltore e quelle di un giovane barista. Espediente, questo, che richiama certe operette morali leopardiane. Si pensi al «Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere» dove, con ironia, Leopardi sosteneva la propria filosofia ponendo a contrasto due persone quanto mai diverse.

Allo stesso modo, facendo le dovute proporzioni, Iodice espone le convinzioni di Pepe Mujica, che risultano ricche di una profondità e di un'umanità tali da portare il lettore a riflettere sul senso ultimo della vita. A tratti, sembra di leggere Seneca o Cicerone, ma tutto ciò non deve trarci in inganno, visto che non si tratta di massime o indicazioni fini a se stesse.

La forza del racconto è proprio legata al fatto che si tratta di cose messe in pratica nella vita quotidiana e che, forse, dovrebbero farci ripensare allo stile di vita che conduciamo giornalmente. Quanto, di quello che compriamo o desideriamo, ci è davvero necessario? Quanto è superfluo e ci rende schiavi del consumismo? Alla fine dei conti, è il tempo il vero tesoro e, se lo sprechiamo, il denaro non ci serve a nulla: «Il tempo della tua vita ti serve per fare ciò che ti piace, e se fai quello che piace a te sarai felice, è molto semplice ma nessuno lo fa».



Un libro rivolto ai giovani, soprattutto, che Frank Iodice ha stampato nel 2014 in 1.000 esemplari e, poi, ha iniziato a distribuire gratuitamente nelle scuole italiane e francesi durante una serie di «Conferenze sulla felicità». Da allora sono state distribuite, gratuitamente, oltre 10.000 copie. «Questo testo - scrive Iodice - è nato con lo scopo di diffonderlo nelle scuole europee, tra i nostri giovani pensatori, affinchè comprendano l'importanza di essere liberi e un domani diventino cittadini, o politici, migliori di noi».

Un libro così, profondo ma scritto con un linguaggio semplice e diretto e che, soprattutto, non contiene sermoni, ma idee e ispirazioni.

Un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca ideale delle nuove generazioni perchè, facendo propri i principi di un’antica saggezza e rendendoli attuali, ci invita a non dimenticare mai che l’obiettivo della nostra vita deve essere sempre la ricerca della felicità.

lunedì 14 ottobre 2024

Tre poesie sull'Amicizia - Tagore, Camus e Mariani

 

 

Non camminare davanti a me – Albert Camus



Non camminare davanti a me,

potrei non seguirti;

non camminare dietro di me,

non saprei dove condurti;

cammina al mio fianco

e saremo sempre amici.





Non celare il segreto del tuo cuore – Rabindranath Tagore



Non celare il segreto del tuo cuore,

amico mio.


Dillo a me, solo a me, in segreto.

Tu che sorridi tanto gentilmente,

sussurralo sommessamente,

il mio cuore l’udrà,

non le mie orecchie.

[…]

Dimmi tra lacrime esitanti,

tra sorrisi titubanti,

tra dolore e dolce vergogna,

il segreto del tuo cuore!

 

 


 I miei amici – Marina Mariani

I miei amici

non mi cercano, non m’invitano a pranzo,

non mi telefonano mai;

non mi mandano auguri per Natale

ma sono miei amici.

 

Non mi fanno regali,

non m’aiutano a vivere

con raccomandazioni o altre cose;

ma mi aiutano a vivere

perché sono miei amici.

[…]

Non ci facciamo carezze d’amore

né di solidarietà

né di pietà.

 

Pure - bisogna dar credito

al prodigio, e la geometria

non è favola -

le nostre esistenze parallele

s’incontrano in un punto

all’infinito.

 

 

 

 

 







Miseria nera di Paul Verlaine: scritti inediti del poeta francese

 


Oggi vi voglio parlare di "Miseria nera", un volume che raccoglie due scritti inediti del poeta Paul Verlaine, "Mes hopitaux" e "Quinze jours en Holland". Il volume fa parte della collana "I grandi inediti" di Edizioni della Sera, che ci ha già proposto letture da Bram Stoker e Jules Janin, e che ci permette ogni volta di approfondire la nostra conoscenza dei classici con proposte originali e frutto di un appassionato lavoro di ricerca. Da rimarcare, soprattutto, il fatto che ci ricordi sempre che i classici non sono realtà cristallizzate in un canone fisso, ma semmai in costante divenire. Una storia fatta di autori che entrano ed escono, a seconda delle epoche, che vengono dimenticati e poi ritornano alla ribalta. In questo quadro confuso e non definito, è un bene che gli editori si facciano portatori di idee, raccogliendo e proponendo nuovi testi o recuperandone altri usciti dal catalogo.

Analogo ruolo possono avere, in questo senso, anche i social, quando gli utenti vengono opportunamente stimolati da hashtag a tema. Si pensi al successo di #classicidaleggere, che qualche anno fa ha costruito una sorta di canone basato sui giudizi dei lettori comuni.

Nel caso in questione, questo libro di Paul Verlaine è utile per comprendere meglio la figura del poeta francese ed è senza dubbio un classico "da leggere". Verlaine, in queste pagine, si smarca dall'immagine ormai consolidata di poeta maledetto, a cui si deve la definizione di decadentismo, contenuta nella sua famosa poesia "Languore", e nel verso emblematico "Sono l'impero alla fine della decadenza". Allo stesso modo si allontana un po' dall'immagine di bohemien, amante di Arthur Rimbaud, per cui aveva abbandonato la moglie.

Non che questi aspetti vadano negati o rinnegati, ma dalle pagine emerge una personalità molto più complessa, ben difficile da catalogare o valutare all'interno di una scuola o di un movimento letterario. Anche perchè lo ritroviamo qui in veste di prosatore e non di poeta, e ci consegna una prosa ironica, spesso divagante, ma ricca di cultura. Scritti in terza persona, questi racconti vagano tra l'esperienza di paziente d'ospedale e quella di viaggiatore e conferenziere. Il poeta, come spesso si definisce, non si prende troppo sul serio, e ci racconta anche certe dinamiche della società del tempo, le rivalità letterarie, il successo a cui non corrisponde un'adeguata retribuzione, ma anzi anni di "miseria nera" e di disperazione.


Traduzione e cura del volume sono di Michela Landi, docente di Letteratura francese all'Università di Firenze, che ho conosciuto a Parma in occasione della presentazione del volume.

(Rielaborazione di un articolo che ho scritto per il blog Letture social de L'Espresso nel 2017)